L’abitare condiviso in dialogo con Johnny Dotti

Lunedì 22 marzo si è svolto l’incontro online “Abitare in vicinanza. Dialoghi sull’abitare che (ri)genera.

L’evento è stato organizzato all’interno del progetto “Abitare in vicinanza”, con il sostegno della Compagnia di San Paolo all’interno del bando “Abitare il cambiamento. Welfare abitativo al servizio delle comunità”.

L’AGS per il territorio insieme ai tre housing salesiani (San Salvario House, Condominio Solidale Zia Gessy e San Paolo) ha dato vita all’incontro immaginando di approfondire il tema dell’abitare condiviso. E’ stato coinvolto come relatore Johnny Dotti, professore universitario di pedagogia, imprenditore sociale, presidente di “è-one abitare generativo”, impegnato sia a livello familiare che lavorativo sull’abitare condiviso.

La platea virtuale, composta da oltre 60 partecipanti, è stata eterogenea e ha coinvolto educatori e operatori impegnati in prima linea nei progetti di accoglienza, volontari, salesiani, giovani dell’MGS, formatori e famiglie interessate.

Durante l’incontro Dotti ha raccontato l’esperienza comunitaria familiare che lo vede da 35 anni, insieme alla sua famiglie, inserito in un’esperienza di comunità con altre 3 famiglie, le quali vivono l’accoglienza verso coloro che hanno più bisogno. Si è riflettuto insieme dell’origine della parola abitare (habitus) immaginandola non come una pura funzione ma come l’essere stesso della persona. L’abitare implica e si identifica nella relazione non solo con le persone, ma con il tempo, lo spazio e tutto ciò che ci circonda quotidianamente. Il dialogo è continuato riflettendo sull’importanza di uscire dalle proprie mura dell’appartamento che rischiano di snaturare la famiglia ed aprirsi all’altro, all’ospite. L’ospite è Dio che viene a bussare, a volte può essere anche scomodo, ma ci permette di andare oltre e vivere appieno l’abitare la relazione. L’abitare condiviso non deve portare immediatamente il pensiero ad una privazione di privacy ma aiuta al contrario a definire meglio la propria identità imparando a specchiarsi nell’altro: “ciascuno deve essere il tu dell’altro”. Nella vita comunitaria esistono spazi privati e altri pensati come luoghi comuni, questo permette di aprirsi agli altri, pur garantendo il proprio spazio alla famiglia o al singolo.

La partecipazione è stata attiva e sono state molte le domande; in particolare i partecipanti hanno interrogato il relatore sulla complessità che può nascere nell’inserire l’accoglienza in servizi e ancora come poter coinvolgere i giovani che abitano i nostri housing a sentirsi sempre più parte di un’unica comunità, o ancora come l’accoglienza può essere aprire le porte di casa ma anche diventare in uscita.

Dotti ha sottolineato che l’ospitalità può essere vissuta pienamente se si esce dall’ottica del servizio, della funzionalità e si va verso la relazione. Per coloro che lavorano in questi progetti significa mettersi in gioco e farsi trasformare dalle relazioni che si vanno a creare. Per il coinvolgimento dei giovani invece non è necessario dar loro risposte, ma occorre invece custodire la domanda ed insieme a loro cercare le risposte per una comunità che sentano sempre più loro. Infine l’accoglienza può essere sicuramente in entrata ed in uscita, occorre saper leggere i segni del momento e la richiesta del territorio e occorre, ancora una volta, affidarsi a Dio riconoscendolo in coloro che incrociamo fuori o dentro le porte di casa nostra.

Ringraziamo Johnny Dotti per la passione con cui ha raccontato l’abitare e ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato.

 

L’intero intervento puoi trovarlo al seguente link: