Minori stranieri non accompagnati e giovani adulti in Italia: le storie, i numeri, l’accoglienza, perchè sono partiti e quello che hanno vissuto in viaggio. Su questo e altro cerca di rispondere il giornalista Giovanni Godio con il reportage “Una vita in minore” pubblicato, giovedì 31 maggio 2018, sulla rivista “Dimensioni Nuove”, edita dalla casa editrice salesiana Elledici, di cui pubblichiamo di seguito un breve stralcio:
I ragazzi ospiti della comunità per minori stranieri non accompagnati (sigla social-burocratese MSNA) dell’Oratorio San Luigi oggi sono 15 e sono arrivati sotto le Alpi, oltre che da Somalia ed Egitto, dal Marocco, dal Senegal, dall’Albania, dalla Costa d’Avorio e dal lontano Pakistan. «Insomma, una succursale del Palazzo di Vetro dell’ONU», scherza don Mauro Mergola, salesiano, direttore del San Luigi, parroco della vicina parrocchia dei SS. Pietro e Paolo nonché affidatario di questi ragazzi.
Missione fiducia
La comunità è stata aperta su richiesta dell’ufficio Minori stranieri del Comune, oggi fa parte della rete dei progetti del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (lo SPRAR). E, in collaborazione con i centri di formazione professionale e con quelli per l’istruzione-formazione di giovani e adulti (i CPT), ma anche grazie al valore aggiunto delle attività dell’oratorio che la ospita, di certo non si accontenta di offrire un pranzo, una cena e un letto.
«Lavoriamo per accompagnare questi ragazzi verso l’autonomia, non solo lavorativa, in un cammino di integrazione che li aiuti a capire che non tutto gli è dovuto ma, soprattutto, che li aiuti a sentirsi veramente accolti e stimati, nello stile di don Bosco – spiega don Mauro – . Sono partiti sentendosi adulti, hanno superato mille traversie, poi qui in Italia sono stati accolti come ragazzini. In realtà sono adolescenti, in fondo come tutti gli altri. Sono arrivati con la loro cultura e senza genitori, hanno incontrato il nostro Paese “ricco”, con le sue luci e le sue contraddizioni.
E intanto sulle loro spalle pesa, in un modo o nell’altro, il debito di chi in patria ha investito per il loro viaggio: a volte le famiglie si aspettano subito delle rimesse, a volte quando i ragazzi iniziano a guadagnare qualcosa si sentono in dovere di spedire tutto laggiù, anche se qui non è certo facile mantenersi… Però qui, fin dall’inizio, la cosa più difficile per loro è conquistarsi fiducia. E trovare qualcuno di cui fidarsi: noi, le istituzioni, oppure lo “zio” o i connazionali che magari ti dicono “non farti incastrare in comunità”, o “prendi solo quello che ti serve”?».
Il progetto di Housing Sociale
Nella parrocchia di don Mergola (ci troviamo nel “quartiere multietnico” di San Salvario) è partito nello scorso autunno il cantiere per una residenza di co-housing , cioè con spazi privati e comuni. Per periodi di 18 mesi accoglierà 14 giovani, fra cui alcuni neo-diciottenni del centro di accoglienza del San Luigi, proprio per accompagnarli meglio verso l’autonomia e il lavoro nel difficile giro di boa della maggiore età. Gli altri ospiti, in un mix pensato per creare scambio e relazione fra diverse situazioni di vita, saranno studenti universitari fuori sede, italiani e immigrati. I lavori per la “San Salvario house”, frutto della collaborazione fra Salesiani, Diocesi e Comune (con il finanziamento della Compagnia di San Paolo), termineranno entro questo mese di maggio.
«Ai ragazzi – ha sottolineato don Mauro – chiederemo di aderire a un progetto educativo in cui si impegnano a versare una quota mensile, a condividere spazi e attività, a raggiungere i loro obiettivi di studio e di lavoro, ma anche a fare un po’ di volontariato nei servizi della nostra comunità».
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