La testimonianza: Eleonora dell’Istituto Flora di Torino e lo stage al San Luigi

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Eleonora Maria Katia Tartaglia, studentessa dell’Istituto Flora – Liceo della Comunicazione di Torino che ci racconta lo stage svolto all’Oratorio San Luigi:

L’Oratorio è un ambiente di lavoro sostanzialmente accogliente e sereno. Lo stage è stata un’esperienza significativa che mi ha permesso di mettermi alla prova, migliorandomi umanamente. che mi ha permesso di acquisire e rafforzare competenze anche per il lavoro che andrò a svolgere in futuro. Conoscevo in parte questo tipo di servizi, grazie ad esperienze lavorative passate, come il Post-scuola.  Nonostante alcune difficoltà incontrate durante il percorso di stage, in parte nella comunicazione ed in parte nell’aiutare i ragazzi a svolgere i compiti, rifarei questa esperienza; la struttura è ben attrezzata per svolgere varie attività ed è presente il materiale necessario per coinvolgere i ragazzi nei vari laboratori manuali. Lo proporrei anche agli animatori del prossimo ciclo oltre che alle famiglie che intendono scrivere i loro figli all’oratorio, per il personale che è ben accogliente, organizzato e altamente professionale.

A La Voce e Il Tempo la provocazione di Matteo Aigotti dell’Educativa di Strada: “Gli adulti ‘da salotto’ non educano

Matteo Aigotti, assistente sociale, coordinatore dei progetti di Educativa di strada all’Oratorio San Luigi di Torino, Barbara Celia, assistente sociale esperta in ambito giuridico, sono due educatori da alcuni anni impegnati sul fronte della prevenzione del disagio giovanile. Per La Voce e Il Tempo, settimanale della Diocesi di Torino, hanno riflettuto su alcuni fatti di cronaca collegati alla problematica del bullismo, in cui sono protagonisti adolescenti, con l’intento di lanciare una sfida agli adulti.
LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 29 Aprile 2018. Articolo di Matteo AIGOTTI, Barbara CELIA
Preoccupazione. Timore. Grandi titoli sui giornali. Una marea che sembra non più incanalabile, che sfugge al nostro controllo e alla nostra azione. Baby gang. Ci si chiede “che succede ai nostri ragazzi? ” Abuso dell’agio o disagio di relazioni, sofferenze affettive, necessità di gridare contro un dolore muto. Emergere da un’apparente normalità per far esplodere un’aggressività inaspettata. Distese di solitudine. Spazi a volte osservati, studiati, ma forse… poco abitati. Per noi oggi il bullismo non è la culla della criminalità. Almeno: non per definizione. A meno che non siamo noi, lentamente, a esiliare una vita possibile in un ambito di emarginazione. La nuova legge sul cyberbullismo che ha preso vita nel giugno 2017 è una norma di diritto mite: vuol dire che passa il testimone al mondo dell’educazione e non alle azioni di polizia. Per innalzare la cura delle relazioni, non per inasprire le pene. Il legislatore ci crede. Ma noi? Cosa provoca in noi il ragazzetto coi pantaloni a vita bassa, che si avvicina in gruppo, col giubbotto di pelle, le mani in tasca o la sigaretta in bocca? Ci sorge il desiderio di incontrarlo o ci assale il terrore? E così lo strafottente a scuola, la figlia della vicina di casa che non mi saluta mai e sbatte le porte; ma allo stesso tempo il giovane silenzioso, quasi invisibile, di cui non c’è traccia nei ricordi di nessuno.
I ragazzi hanno bisogno degli adulti in prima persona, non dei nostri discorsi, e del nostro sdegno

Quando fai educativa di strada queste domande fanno sorridere, perché agganciano le nostre emozioni e si affacciano immagini di volti, nuovi amici, originali relazioni che si colorano riempiendosi di vita dal momento in cui incontri un giovane e gli fai capire che… per te è importante. Nei panni dell’educatore, in particolare in servizi di educativa di strada, devi interiorizzare un approccio che vede l’adulto andare verso un mondo di minori e giovani che, per essere compresi, accolti, indirizzati, necessitano di uno sforzo razionale ed emotivo. Ma a ben vedere l’impegno, l’applicazione razionale ed emotiva non sono peculiarità del mondo adulto? Viceversa assistiamo ad un mondo adulto “da salotto” che all’azione subita, alla quale spesso assiste da spettatore, agisce con l’emotività senza il filtro della razionalità. Da qui la difficoltà a far sostenere la frustrazione di un brutto voto, la fatica di accettare i propri figli per come sono e non per come vorresti che fossero. Come educatori di strada, assistendo agli ultimi fatti accaduti a Torino – e in specifico in P.zza Bodoni – ci siamo chiesti: cosa ci faceva un ragazzino adolescente in quel contesto, a quell’ora della notte? Chi si preoccupava di lui? Chi sono gli adulti che in qualche modo hanno permesso che i fatti accadessero? I rimedi? Spesso le idee semplici sono quelle di maggior successo, spesso ritornare a tempi passati produce innovazione. Come sono lontani i tempi dei giardinetti, dei cortili, dove i bambini e i ragazzi erano figli di tutti. Non era quella responsabilità condivisa e comunitaria?

Fa ancora più male sentire una madre in televisione dire: “quei ragazzini devono essere puniti” riferendosi a minori di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Involontario cogente esempio di adulti da salotto che divengono protagonisti, non già nella vita sociale e comunitaria del territorio, ma del salotto stesso. Ritornare in strada ad incontrare i nostri ragazzi vuol dire, all’opposto, tornare ad esercitare le responsabilità adulte e questo non può e non deve essere prerogativa degli educatori di strada, ma del mondo adulto nel suo complesso. Il vero problema di oggi, forse, non è capire cosa farne di questi bulli, ma scoprire che hanno una storia, un nome, delle ferite e dei desideri. “Giovanni: cosa sai fare bene?” “Niente. Lasciami stare.” Non dedicarsi a cercare spegne la vita. La creatività nello scoprire cosa possiamo fare, chi possiamo essere, invece, la riaccende. Nella vita ciascuno di noi deve potersi sperimentare per mettersi alla prova. Si può sperimentare nel bene. O nel male. L’identità di ciascuno si incardina nelle situazioni in cui usiamo la nostra forza per primeggiare, farci notare; così come si plasma anche attraverso lo sguardo amorevole di chi ci sprona a riprovare, a non mollare, chi asciuga le nostre lacrime nelle delusioni e festeggia per i nostri successi. Queste ultime occasioni dovrebbero avere il sapore del focolare, l’odore della mamma e del papà, delle coccole dei nonni. Ma non possiamo credere che sempre avvenga e che solo quello sia il luogo eletto.

E se le porte di casa si aprono allora ciascuno di noi è interpellato: se ha dato vita ad un figlio, se ha a cuore i giovani, se insegna, se è educatore, se è un nonno… se intesse relazioni con altre storie. Se abita questo mondo, che magari contesta, ma che può essere modificato solo con l’intervento di ciascuno: dai piccoli gesti possibili, non da ideali e lamentele. Ci sono parole e sguardi che danno vita, che restano. Come ci sono parole e silenzi che fanno morire.Se hai voglia di parlare di giovani e se desideri per loro delle occasioni di bene non puoi bluffare. Devi comprometterti, sporcarti le mani, devi perdere il sonno la notte, devi aver voglia di sentire la stanchezza, devi pensare di fallire con un dolore pari alla gioia di quando le soddisfazioni ti fanno scoppiare il cuore per la felicità. Te la senti? Altrimenti possiamo continuare a fare discussioni da salotto, ma… cambiando argomento. I ragazzi hanno bisogno di noi, in prima persona. Non dei nostri discorsi e del nostro sdegno. Hanno bisogno di ritrovare la strada, partendo da lì. Dal luogo in cui sono.

17/05: Saper Decidere: una carta vincente, incontro con Paola Pozzi di PRH Italia

Quale orientamento professionale prenderò? Devo riflettere o seguire ciò che mi attira? Al momento di scegliere, gli altri mi aiutano o mi complicano la vita? Quante volte ci siamo posti domande come queste: interrogativi le cui conseguenze possono pesare non poco. Scegliere è un’arte che si impara. È questa la sfida che la prof.ssa Paola Pozzi, formatore PRH Italia – Personalità e Relazioni Umane, lancerà ai giovani DB il 17 maggio, alle ore 20.30, alla Sala Giovani DB, in via ormea 4, a Torino, all’incontro “Saper Decidere: una carta vincente”. Durante la serata la formatrice proporrà qualche semplice esercizio e presenterà alcune testimonianze raccolte in un libro.

“Il nostro obiettivo – spiega Paola Pozzi, in linea con la filosofia PRH – è di liberare in ogni persona le ricchezze del suo essere e tutte le sue potenzialità, attraverso un metodo per prendere decisioni costruttive per la persona, ma che al contempo tiene conto anche degli altri.”

“Questo metodo, che richiede un tempo di riflessione e si svolge per fasi, è stato utilizzato con profitto da moltissime persone in tutto il mondo e ha contribuito a migliorarne la vita: aiuta, infatti, ad avanzare senza perdere tempo per sperimentare da subito maggiore serenità e più libertà nella vostra vita.”

 

 

10/05: Sindone: una provocazione all’intelligenza, incontro con Bruno Barberis

“Il caso Sindone sarà chiuso il giorno in cui avremo capito che cos’è esattamente e come si è formata l’immagine impressa sul lenzuolo. Il fatto che a oggi nessuno sia ancora riuscito a riprodurre un’impronta come quella della Sindone significa che c’è ancora molto da studiare.”

Lo afferma il prof. Bruno Barberis, uno dei massimi esperti scientifici del Telo custodito nel Duomo di Torino che interverrà, il prossimo 10 maggio, alle ore 20.30, in via straordinaria nel Salone Teatro dell’Istituto San Giovanni Evangelista, ingresso da Corso Vittorio Emanuele II, n° 11.

 

 

03/05: Stare bene con se stessi, confronto tra psicologia e spiritualità alla Sala DB

Conoscersi per stare in armonia con se stessi e con gli altri. È questa la prossima sfida che intende proporre la Sala Giovani DB con l’incontro “Stare bene con se stessi: confronto tra psicologia e spiritualità”, che il salesiano Don Gianni Ghiglione terrà giovedì 3 maggio, alle 20.30, in via Ormea 4, a Torino.

“Stare bene con se stessi – spiega Don Gianni – è la prima cosa di cui bisogna occuparsi per migliorare la qualità della vita, per stare in mezzo agli altri e per portare all’interno della propria esistenza una ricchezza preziosa e costante. Significa in mezzo a qualsiasi difficoltà trovare sempre un’opportunità, o almeno sforzarsi di farlo.”

“Il primo segreto – aggiunge il salesiano – è non lasciarsi vincere mai dalla frustrazione delle difficoltà, ma cogliere sempre le sfide e imparare che qualunque sterrato o altitudine porta sempre a paesaggi prodigiosi. A guardare le sconfitte anche come stimolo. Perché c’è una crepa in ogni cosa: ed è proprio da lì che entra la luce.

 

 

La testimonianza: Renato e il Servizio Civile al San Luigi

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Renato, 26 anni, dalla Sardegna, studente al quinto anno della magistrale in ingegneria civile al Politecnico, che all’Oratorio San Luigi ha svolto il Servizio Civile:

Ciao mi chiamo Renato, ho 26 anni e vengo dalla Sardegna; sono uno studente di ingegneria civile al Politecnico e sto frequentando il 5° anno. Le mie esperienze passate di scout mi hanno dato tanto e ricercavo il modo di poterle vivere anche adesso. Così ho pensato di svolgere il Servizio Civile e viverlo in un oratorio.

Il salesiano Josua Schwab dalla Germania a San Salvario

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza del salesiano Josua Schwab, dalla Germania sulle orme di Don Bosco in Piemonte, alla scoperta dei luoghi storici che hanno caratterizzato la vita del santo, e tra questi San Salvario:

Siamo un gruppo di ragazzi della Germania: durante l’Ottava Pasquale abbiamo fatto un viaggio sulle orme di Don Bosco in Piemonte. Tra di noi si trovano due prenovizi tedeschi che si stanno preparando per entrare in noviziato in settembre – tre ragazzi, che fanno parte di un gruppo di ricerca vocazionale – e due salesiani. Siamo venuti per scoprire i luoghi storici e per conoscere meglio la vita di Giovanni Bosco, ma anche per respirare un po’ di aria fresca, l’aria dello spirito salesiano nei diversi progetti salesiani del Torino di 2018.

Così abbiamo trascorso un pomeriggio a San Salvario dove Don Mauro Mergola ci ha accolto con grande ospitalità: insieme abbiamo visitato la comunità dei minori del San Luigi e il progetto di educativa di strada del Parco Valentino. Uno dei nostri ragazzi ha detto commosso: “Qui Don Bosco è presente, è vivo.” E sull’educativa di Strada al parco del Valentino un altro mio amico ha detto che “è un luogo pieno di spirito, un luogo dell’incontro interculturale, un luogo di comunità, dove si sente crescere la pace”, diceva un altro ragazzo.

Ci siamo fermati per quasi due ore giocando e chiacchierando con i giovani. Poi abbiamo fatto un salto a San Giovannino e alla chiesa SS. Pietro e Paolo, dove la nostra visita è terminata con un momento di preghiera. Per i nostri ragazzi in cammino di ricerca vocazionale questo pomeriggio sul terreno della vostra parrocchia è stato uno dei momenti più importanti e più intensi di tutto il viaggio. Vorremmo ringraziare tutti quanti coloro che si impegnano nel carisma salesiano per i ragazzi bisognosi. Preghiamo per voi e vi chiediamo una preghiera per i nostri prenovizi e ragazzi.

La testimonianza: la famiglia italiana di Alagie

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza Alagie, giovane originario del Gambia, ospite della Comunità per minori non accompagnati dell’Oratorio San Luigi, che ha trascorso un week end con la sua famiglia italiana grazie al progetto “Adotta un minore non accompagnato”, promosso da don Mauro Mergola. Una opportunità aperta a tante altre famiglie e di cui Alagie ci racconta i bei frutti:

Mi chiamo Alagie e provengo dal Gambia. Sono arrivato in comunità da qualche mese, frequento il corso di italiano e gioco a calcio… la mia vera e unica passione. Durante il weekend o in alcune serate ho la fortuna di trascorrere dei bei momenti nella mia “famiglia italiana”, composta da Federica e Alberto, che mi hanno accolto nella loro casa e con cui trascorro del tempo, quattro chiacchiere, e che mi dispendiano consigli e offrono ottime occasioni di confronto. Non mancano prelibate cenette, le uscite… e lo stadio!

Alagie durante il corso di italiano ha anche avuto la possibilità di immedesimarsi in un rapper… ascoltate le sue parole…

La testimonianza: Denise, Julia, Luca, tirocinanti di scienze dell’Educazione al San Luigi

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Denise, Julia e Luca, giovani studenti di scienze della Educazione all’Università di Torino che al San Luigi hanno avuto la possibilità di svolgere il tirocinio curriculare previsto nel proprio piano di studi universitario:

Ciao! Sono Denise e studio all’Università degli Studi di Torino alla facoltà di Scienze dell’Educazione, indirizzo Socio-culturale. Ho appena cominciato il tirocinio all’Oratorio San Luigi di Torino. Perché ho scelto questa sede? Ebbene, quale posto migliore per sperimentare il ruolo di educatore! Qui, infatti, sono richieste diverse competenze in campo umanitario per rapportarsi con minori, stranieri, persone in difficoltà. Spero che questa esperienza possa approfondire e ampliare le qualità che deve avere un educatore. Perché Educare è una continua riflessione su se stessi, e qui lo imparerò!

Ciao! Sono Julia, arrivo dalla Spagna e studio Scienze dell’ Educazione Socioculturale. Sto facendo il tirocinio presso l’Oratorio San Luigi. Mi aspetto di imparare dai ragazzi e conoscere tanta gente differente che mi faccia crescere come persona e a livello professionale.

Sono Luca Velotta, sono al terzo anno di scienze dell’educazione. Sono un tipo sportivo ho sempre praticato sport nella mia vita con particolare interesse per le palestre e il calcio, mi piace il teatro e trovo appassionante la politica e le differenze tra classi sociali. Ho cominciato lunedì il mio percorso di tirocinio. Le motivazioni? La curiosità di provare in prima persona a vivere una realtà altamente formativa come quella oratoriana e di vedere come un’organizzazione cristiana si muove nel campo del sociale, inoltre mi era stata suggerita da diverse persone come realtà positiva.
P.s. sono dislessico!

La testimonianza: Saranki e il Servizio Civile al San Luigi

Cosa vuol dire don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Saranki, 22 anni, originaria dello Sri Lanka e residente a Torino da molti anni, che ha conosciuto l’Oratorio come semplice volontaria, dove poi ha svolto il Servizio Civile come animatrice socio-educativa:

Ciao mi chiamo Saranki, ho 22 anni e sono originaria dello Sri Lanka, ma vivo a Torino ormai da molti anni. Ho iniziato a frequentare l’oratorio San Luigi nel 2008, soprattutto per fare i compiti, e mi sono molto affezionata all’ambiente e alle persone che ci lavoravano. Dopo le superiori, ho frequentato un corso professionale di due anni per prendere la qualifica di Animatrice Socio-Educativa. Sono qui per fare un’esperienza che sia per me al tempo stesso significativa e professionalizzante, dal momento che questo è il lavoro che vorrei fare nella mia vita.