Orari celebrazioni Natalizie

Per rispettare le regole imposte dal governo italiano, in questa situazione pandemica, di mantenere il coprifuoco alle 22 anche la sera del 24 dicembre, si è dovuto variare  l’orario solito delle celebrazioni.

Pertanto l’orario delle celebrazioni nelle varie chiese, soprattutto per quanto riguarda quelle della vigilia, il 24 dicembre, ha dei cambiamenti (NB. Fare attenzioni alle S. Messe soppresse e l’orario di quella della notte!). Mentre per il giorno 25 dicembre, Natale del Signore, si seguirà l’orario festivo delle S. Messe

L’orario sarà, quindi, il seguente:

Ricerca Volontari

“L’opera umana più bella è di essere aiuto al prossimo”   Sofocle.
In questo tempo così particolare crediamo che l’aiuto reciproco sia una delle migliori forme per tessere relazioni e per contribuire al benessere della comunità.
In poche parole: per stare vicini!
In questo ultimo anno abbiamo modificato il nostro modo di agire, letto i bisogni del territorio e inventato nuove azioni per rispondere agli stessi.
Questo lavoro ha dato vita a nuove attività svolte sia in presenza ma anche online. Per questo, stiamo cercando volontari disposti a donare qualche ora del proprio tempo per aiutarci a rendere le attività che svolgiamo, ancora più ricche ed efficaci.
Se sei interessato/a, chiamaci! Insieme troveremo l’attività che meglio si addice alle tue disponibilità.

San Salvario House: la casa dove i viaggi si incontrano

Spesso vi abbiamo parlato dei nostri ospiti e delle loro avventure, ma effettivamente non vi abbiamo mai spiegato che cos’è e come funziona la vita all’interno dell’housing.

Innanzitutto, la parola housing arriva dall’inglese e significa “abitazione”; quindi è una casa, nel nostro caso è una casa molto grande; inoltre, dobbiamo aggiungere che il nostro è un social housing, con quest’ultima definizione si fa riferimento ad un particolare intervento sia immobiliare sia urbanistico che in un solo progetto mira a risolvere più problematiche, nel nostro caso la casa dentro la quale abitiamo è frutto di una restaurazione della canonica della parrocchia “Santi Pietro e Paolo Apostoli”, la canonica è stata completamente ristrutturata ed ora è costituita da un’ampia cucina, da una sala mensa, 8 camere per un totale di 14 posti, e di queste ce ne sono per tutti i gusti poiché abbiamo stanze: singole, doppie e triple, ognuna di queste ha un bagno privato al suo interno, e poi abbiamo ancora una sala tv, una sala studio, la mansarda ed un’ampia terrazza!

In “San Salvario House” ci sono persone che provengono da ogni dove, ad esempio, in questo preciso momento c’è un ragazzo maliano, due ragazzi guineani, due ragazzi gambiani, un ragazzo camerunense, uno congolese e due ragazzi senegalesi, risalendo poi il mondo abbiamo 5 ragazzi italiani, ma anche in questo caso, per non annoiarci troppo, provengono tutti da parti diverse dell’Italia, c’è un ragazzo napoletano, uno romano, un siciliano, un padovano ed un valdostano.

L’housing è uno spazio in cui tutte le culture, per quanto diverse, riescono a convivere sotto lo stesso tetto avvolte da un profondo clima di rispetto.

I ragazzi che abitano qui hanno storie molto diverse tra di loro ma con lo stesso comune denominatore, hanno fatto tutti un viaggio e qui si sono incontrati per percorrere un pezzo di strada insieme. 

Tra i giovani ci sono sia studenti sia giovani lavoratori che neomaggiorenni usciti da percorsi per minori non accompagnati, alcuni sono alle prime esperienze di vita indipendente, altri invece hanno già fatto esperienze di vita autonoma ma gli piaceva l’idea di vivere in un ambiente multiculturale all’insegna della condivisione.

In housing infatti spesso si condividono momenti comuni: il pranzo o la cena sono uno dei momenti di maggiore scambio dove la differenti cucine si incontrano, si conoscono e si arricchiscono, ma non solo nei momenti dei pasti si condivide, spesso si parla di musica m

a anche di fatti attuali e ci si confronta, altre volte invece ci si incuriosisce sulle varie religioni ed infine si scambiano competenze sia dal punto di vista tecnologico, linguistico, organizzativo.

 

San Salvario house è inserito nella Casa Salesiana di San Salvario e questo offre numerose opportunità di relazioni e servizi agli abitanti dell’housing. Offerte di servizi come assistenza per la ricerca lavorativa e abitativa, corsi di italiano, sostegno per i documenti, ma anche proposte di volontariato in cui i giovani possono sperimentarsi: oratorio, doposcuola, caritas…

 

Insomma possiamo dire che per quanto l’housing sia un concetto di vita comunitaria ibrido poiché non è né una comunità né uno studentato resta comunque un luogo che profuma di casa ed in qualche modo anche di famiglia.

 

Erika Castagneri, Educatrice Housing

 

 

Notizie dalle Parrocchie: 2° Domenica di Avvento – Avvento, tempo di speranza

Avvento, tempo di speranza! Come viverlo al tempo del Covid.

È iniziato domenica scorsa l’Avvento,
il tempo forte dell’Anno liturgico che
prepara al Natale. Quest’anno è un Avvento segnato dalla pandemia,  dalle restrizioni, dal distanziamento fisico, dall’impossibilità di tenere “dal vivo” nelle parrocchie incontri e momenti di riflessione, dai timori anche nella partecipazione alle celebrazioni, dalle misure anti-Covid che accompagnano le Messe e la vita ecclesiale. Ma questo non fa venir meno la sua importanza.

L’Avvento «è un tempo di attesa, è un tempo di speranza» e «ci ricorda che Dio è presente nella storia per condurla al suo fine ultimo, per condurla alla sua pienezza, che è il Signore. È il “Dio con noi”, Dio non è lontano, sempre è con noi, al punto che tante volte bussa alle porte del nostro cuore» (papa Francesco).
È il tempo dell’attesa della venuta di Dio che viene celebrata nei suoi due momenti: la prima parte del tempo di Avvento invita a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo; poi, avvicinandosi il Natale, la seconda parte dell’Avvento rimanda al mistero dell’Incarnazione e chiama ad accogliere il Verbo fatto uomo per la salvezza di tutti.
L’Avvento è poi tempo di conversione, alla quale la liturgia di questo momento forte invita con la voce dei profeti e soprattutto di Giovanni Battista: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3, 2). Infine è il tempo della speranza gioiosa che la salvezza, già operata dal Signore, e le realtà di grazia, già presenti nel mondo, giungano alla loro maturazione e pienezza, per cui la promessa si tramuterà in possesso, la fede in visione, e «noi saremo simili a lui e lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2).

In questo tempo siamo presi per mano da Maria, e la festa dell’Immacolata ce lo ricorda. Infatti, guardando all’«ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio, siamo invitati ad assumerla come modello e a prepararci per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode». (Paolo VI, Marialis Cultus). Papa Francesco ha sottolineato che «Maria è la “via” che Dio stesso si è preparato per venire nel mondo» ed è «colei che ha reso possibile l’incarnazione del Figlio di Dio, “la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni” (Rom 16,25) grazie «al suo “sì” umile e coraggioso». Guardiamo a lei, impariamo da lei, icona dell’attesa fiduciosa e vigilante, della disponibilità attenta e concreta al mistero di Dio.
Numerosi sono i gesti e i segni che possono accompagnare questo periodo, anche e soprattutto in famiglia, in quest’anno pandemico. La corona d’Avvento. È il segno dell’attesa del ritorno di Cristo; i rami verdi richiamano la speranza e la vita che non finisce. Inoltre il progressivo accendersi delle quattro candele, dedicate a quattro figure tipiche dell’attesa messianica (i profeti, Betlemme, i pastori, gli angeli), è memoria delle varie tappe della storia della salvezza. Il presepe. «Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Mentre contempliamo la scena del Natale siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo». (papa Francesco)
Lo stesso albero può diventare richiamo. L’albero di Natale evoca sia l’albero della vita piantato al centro dell’Eden, sia l’albero della croce, perché Cristo è il vero albero della vita. E se tra i doni posti sotto l’albero mettiamo anche il “dono per i poveri”, allora non solo rende più splendenti le nostre case ma anche i nostri cuori e le nostre vite. Buon cammino d’Avvento.

don Claudio

 

Dal vangelo secondo Marco (Mc 1,1-8)

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Concorso: Presepe in Famiglia

CONCORSO: PRESEPE IN FAMIGLIA

Il presepe ci tiene uniti e ci fa respirare aria di festa. Vivremo a OCCHI APERTI il Natale del Signore, lasciamo che anche l’opera del presepe, costruito insieme, ci possa stupire e meravigliare e, magari, aprirci al sorriso, in un momento ancora molto preoccupante per tutti.

E’ invito a riscoprire la magia del presenze e lasciarlo parlare alle nostre vite e a quelle delle nostre famiglia, per rimettere al centro il Signore Gesù, il protagonista del Natale.

REGOLAMENTO:

  • Realizzatelo insieme, in famiglia, secondo la vostra fantasia.
  • Fate un video, max. 20 secondi (panoramica tenendo il cellulare in orizzontale e non in verticale) e/o foto (max 4 foto).
  • Inviate tutto, entro il 23 dicembre 2020, via WhatsApp n° 366 7763557 e/o via mail: parroco@donboscosansalvario.it

Ci sarà un premio-ricordo per tutti (premi speciali per i più significativi).

Notizie dalle Parrocchie: 1° Domenica di Avvento – Nuovo messale: ecco cosa cambia

 

Dal vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

 Accendere il cervello, rimboccarsi le maniche.

Tempo strano questo della pandemia, particolare. Fa specie dover vivere isolati, non poterci incontrare, nemmeno con gli affetti cari. Vedere molte attività sospese! Mattia Feltri ha commentato: “Quando il mondo cambia e ci atterra, le possibilità sono due: piangere e ribellarsi oppure accendere il cervello e rimboccarsi le maniche. Nel primo caso si fa rumore, nel secondo ci si salva la pelle”. (La Stampa, 19/11/2020). Verissimo.
Nelle difficoltà molti hanno la tendenza al vittimismo, oppure sfogano il dolore con la rabbia. Molti cercano il colpevole. Altri passano il tempo a cercare i manovratori occulti, le corporazioni segrete, gli spiriti maligni, i potenti nascosti. Spesso accade così in questo tempo difficile: brontoliamo e ci avveleniamo, ma soprattutto avveleniamo il nostro animo e versiamo tristezza e malumore sugli altri.
Invece è il tempo di “accendere il cervello e rimboccarsi le maniche”. E questo soprattutto come cristiani. Il nostro atteggiamento deve essere diverso. Non si tratta di essere ingenui, ma fiduciosi. L’ingenuo non vede i guai; il fiducioso li vede benissimo, ma sa guardare oltre. Occorre accendere il cervello, cioè accorgersi che è questo il momento di riaccendere speranza. Questo è il momento di farsi santo! Non altri.
Una parola di san Paolo può e deve risuonare forte in questi giorni: “del resto noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rom 8,28). Non dobbiamo aspettare tempi migliori.
Ci è offerto un tempo favorevole, prezioso: l’Avvento. E’ tempo da vivere con  entusiasmo. Anche se, per assurdo, fossimo tutti malati, Natale ci sarà comunque.  L’evento ci sarà. “Ecco, viene il Signore”, è la “bella notizia”. Il Signore ci viene incontro. Gesù nasce per noi, si fa incontro, ci parla, si promette a noi, desidera essere compagno della nostra vita, essere nostra luce. E’ il tempo di “cambiare faccia”! Dalla faccia della preoccupazione alla faccia della fede. Il tempo, quindi, di “rimboccarci le mani”, cioè di preparare questo incontro. Iniziamo da oggi. Ad un alto prelato che gli chiedeva “come si fa in questi tempi così difficili? Cosa possiamo fare come Chiesa?”, Madre Teresa rispose: “Cominciamo noi due!”. Cominciamo noi! Domenica 29 Novembre 2020

Il Vangelo propone due atteggiamenti, che debbono e possono essere gli atteggiamenti di questo avvento: fare attenzione e vegliare.
Attenzione per non far diventare la nostra fede un francobollo appiccicato il giorno del Battesimo, ma rimasto lì inutilizzato. Attenzione per darci una mossa e abbandonare la tentazione della pigrizia, della superficialità. Attenzione per sfuggire al Natale finto dei buoni sentimenti, e lasciarci interpellare dal Dio che irrompe dentro la nostra storia. Attenzione per dare ordine alla vita, per stabilire priorità e imparare a scegliere nella logica di Dio. Attenzione per riconoscere il volto di Dio in quello dei fratelli, nelle loro parole, nelle loro ricchezze. Attenzione alle piccole cose di ogni giorno, ai piccoli gesti di
accoglienza e di servizio con cui Dio ci chiama ad amare i fratelli. Il secondo è vegliare. Vegliare per non farci prendere dal sonno, per essere pronti ad accoglierlo, a fargli spazio. E tutto questo deve diventare attesa attiva, che deve diventare preghiera. Più forte deve essere il nostro pregare, il nostro affidarci a Lui. Vegliare che diventa impegno, che diventa testimonianza. Lo ricorda San Paolo, non possiamo tenere per
noi i doni che Lui ha riversato nella nostra vita, ma dobbiamo farli diventare dono per gli altri, farli diventare servizio, annuncio, testimonianza. Impariamo da Maria. In questo ci deve essere da guida. Lei realmente ha saputo stupirsi di fronte all’offerta, alla proposta di Dio, ma ha anche saputo trasformare questo stupore in preghiera, in vita vissuta in pienezza. Affidiamoci a Lei, esperta dell’Avvento.

don Claudio

La nostra comunità ricorda don Italo Spagnolo

E’ mancato ieri sera il salesiano sacerdote don ITALO SPAGNOLO della Comunità Salesiana del San Giovannino.

E’ mancato all’Ospedale Gradenigo di Torino, dove era ricoverato dal 12 novembre per una polmonite bilaterale, dovuta al Covid.

Era giunto in mezzo a noi a San Salvario nel gennaio del 2019 dalla Nigeria, dove dal 1982 svolgeva la sua opera come missionario, per delle cure che doveva fare.

Era nato il 16 maggio 1941 a Trivero (Biella). Salesiano dal 1958 e sacerdote dal 1968.

Molti l’hanno conosciuto per il suo servizio sacerdotale pastorale nelle nostre parrocchie, in particolare al Sacro Cuore di Maria. Sempre molto disponibile, affabile, dolce, ma anche competente e preparato.
Ricordiamolo nella preghiera.

In questo video, girato da qualche mese, don Italo racconta come è nata la sua vocazione e come don Bosco l’abbia inviato in Africa per un nuovo Valdocco africano. Con le lacrime agli occhi ha condiviso uno dei suoi più bei ricordi legati alla nuova missione che aveva aperto in Africa “La cosa più bella che ho vissuto… è vivere Valdocco agli inizi. Don Bosco diceva “con i giovani mi trovo bene”… e con i giovani nigeriani ci si trova ancora meglio!”

 

Grazie don Italo per la tua vita, vera testimonianza cristiana e salesiana!

 

 

Notizie dalle Parrocchie: “Promossi o bocciati?”. È la domanda da farci, oggi come cristiani.

“Promossi o bocciati?”. È la domanda da farci, oggi, solennità di Cristo Re, come cristiani. Siamo al termine di un anno liturgico, anno strano, segnato dall’incertezza e spesso dalla paura per questo coronavirus che ci ha tenuto compagnia. Ma il Signore
non ci ha abbandonato, è rimasto al nostro fianco, ci ha guidati con le sue parole, in particolare quelle del Vangelo di Matteo. Inviti per vivere in modo autentico il nostro battesimo ne abbiamo avuti molti! Ci ha parlato di talenti da investire e far fruttare; di olio da mettere nelle nostre lampade; di essere terreno buono che accoglie e fa crescere la sua parola. Ci ha parlato di Lui, del suo agire, del suo modo di farsi prossimo, del suo stile di amare, fino a dare la vita per le persone amate.
E oggi al termine di quest’anno, mentre festeggiamo il nostro Re-servo, ringraziandolo per averci accompagnato nel cammino di fede, come alla fine di un anno scolastico, siamo chiamati a tirare le somme. Infatti la pagina del Vangelo è un discorso che suona molto da bilancio consuntivo, come da fine anno. E non solamente di un anno con lui, ma di una vita con lui, da cui emerge la domanda: “Promossi o bocciati come cristiani davanti a Dio e davanti ai fratelli ?”. L’esito dipende da noi! Non possiamo dire, come
spesso fanno gli allievi: la colpa è degli insegnanti, della scuola… La colpa è di chi non si è applicato tutto l’anno, o di chi si è accontentato del minimo sindacale. E così la colpa non è di Dio! Non è lui che esclude dal suo regno, non è lui che caccia fuori da casa chi vi entra indegnamente. Certo, è lui che “separerà le capre dalle pecore”, ma che tu sia capra o pecora, che tu sia un pesce buono o un pesce cattivo finito nella rete del pescatore, che tu sia zizzania o grano buono, quello dipende solo da te, dalle tue opere. Cioè, da quanto hai amato Dio e i fratelli. “Alla sera della vita, ciò che conta è aver amato”, diceva già nel XVI sec. san Giovanni della Croce. Il Vangelo, ancora una volta, ci offre la ricetta dell’Amore autentico, e la ripete sia ai “benedetti dal Padre mio” che ai “maledetti”. Ed è autentico se diventa vita. Se la sua Parola, che abbiamo ascoltato, si sarà trasformata in pane per chi aveva fame, in acqua per chi aveva sete, in accoglienza per chi era straniero, in vestiti per chi era nudo, in conforto a chi era malato, in visite a chi era carcerato.
E’ invito ad amare con i fatti. Ancora una volta l’invito non è “non fare il male”, questo è scontato, è ovvio!, ma “fare il bene!”. Non basta, quindi, giustificarsi dicendo “io non ho mai fatto del male a nessuno”. Perché si fa del male anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra, con il non impegnarsi, con l’essere indifferenti.
Facciamo diventare concreto questo amore. Iniziamo dalle nostre case, iniziamo da chi ci vive accanto. In famiglia accogliendoci, servendoci, rispettandoci, perdonandoci. Con
gli altri soprattutto i più deboli, fragili, poveri: una visita ad un malato, una telefonata ad una persona sola, un piccolo servizio al vicino di casa, un’ attenzione al povero. Di occasioni ne abbiamo tante. Anche i piccoli gesti sono importanti. Promossi o bocciati, come cristiani? Forse ci sentiamo un po’ tutti rimandati “a settembre”?

don Claudio

 

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?. E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?. Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

 

Primo incontro del percorso Community Lab – San Luigi TO

Nella serata di lunedì 16 novembre, tramite un collegamento online, si è svolto il primo incontro del percorso di Community Lab, condotto dal team di Generazione Oratori presso l’Istituto salesiano San Luigi di Torino.

Tramite le parole di Erika Castagneri, educatrice dell’housing SSPP e referente in Labs to Learn per questa azione di progetto, raccontiamo l’appuntamento:

Lunedì sera c’è stato il primo incontro delle CEP riunite dell’anno. Finalmente dopo tanto tempo che non ci si vedeva, abbiamo avuto modo di incontrarci per ricominciare il percorso da dove lo avevamo lasciato. L’incontro, visto il periodo, si è svolto per via telematica agevolano così la presenza di un maggior numero di persone che altrimenti avrebbero faticato ad esserci.

La prima parte dell’incontro è stata strutturata con il saluto della comunità salesiana, rappresentata da Don Claudio Durando, da un breve momento di preghiera proposto da don Mario Fissore. Giulia Venco ha riassunto a tutti il percorso che è stato fatto l’anno scorso e dove si è interrotto.

Quest’anno la CEP ha l’onore di accogliere due nuovi ospiti: Valentina Sacchetto ed i ragazzi dell’impresa sociale On che ci accompagneranno in questo nuovo anno con il progetto Go.

Alla serata i partecipanti sono stati tanti, eravamo una trentina: c’era l’auxilium rappresentato da Andrea e Massimo, c’era il meraviglioso gruppo di educatori, l’educativa di strada, la comunità minori, il CAM, l’oratorio, i ragazzi del progetto Tutela e poi ancora c’erano i ragazzi del collegio universitario, dell’housing, gli animatori dei gruppi formativi, la comunità filippina e le signore della caritas e del catechismo.

Nella seconda parte della serata ci siamo dedicati alla ricerca di una risposta ad una domanda per noi cruciale: “Quale parola rappresenta di più questo periodo?”. É stato un interessante momento di condivisione dove sono uscite parole quali: comunità, contatto, resilienza, legami, educare.

Alla fine della serata ci siamo lasciati con una domanda “sospesa”, da condividere nel prossimo incontro o semplicemente per ragionarci su: “Un episodio per te significativo in cui ritieni di essere stato educato da qualcuno..”. Con questa domanda ci siamo salutati e dati appuntamento per il 14 dicembre, ma non prima di aver scattato una bella foto di questa serata…distanti ma vicini!!!

Erika Castagneri, educatrice dell’housing Santissimi Pietro e Paolo

Notizie dalle Parrocchie: Giornata mondiale dei poveri

 

Dal vangelo secondo Matteo  (Mt 25,14-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

    

Al centro della Parola di Dio la “Parabola dei talenti”.
Il Signore riempie la nostra vita di doni, di “talenti”. Pensiamo ai più grandi: il dono della vita, del suo Amore, che per noi si fa cibo, perdono, parola, forza. Tocca a noi riconoscerli. Troppe volte diamo tutto per scontato, come con i fratelli: “tutto scontato, dovuto”. Tocca noi dire grazie. Ma soprattutto tocca a noi valorizzarli, farli fruttificare! Tocca a noi scegliere cosa fare di questi talenti, cioè scegliere che uso fare della nostra vita. Possiamo sprecarli e usarli come uno sfogo, per soddisfare i nostri capricci ed egoismi, per poi buttarli via dopo averli usati … rimanendo sempre insoddisfatti e delusi. Possiamo nasconderli e accontentarci del minimo indispensabile e poi lamentarci di tutto e tutti. Oppure possiamo usarli, valorizzarli per costruire la casa della nostra vita, dove niente si butta e tutto trova un posto, si aggiusta, ricomincia.
Certamente, e il Signore nel Vangelo ce lo ricorda, questi talenti non ci sono stati dati per sotterrarli, nasconderli e poi lamentarci.
Papa Francesco aveva appeso alle porte del suo ufficio un cartello, che dovremmo appendere tutti alle porte delle nostre case, con scritto “Vietato lamentarsi”, contro quella che possiamo definire una sindrome da vittimismo: “tutti ce l’hanno con me!”, “chi me lo fa fare, accontentiamoci, lamentiamoci!” che diventa incapacità di risolvere i problemi. “Smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita”.
Perché tocca a noi decidere che cosa vogliamo fare della nostra vita! Di quel “terreno” che ci è stato dato in affitto per la nostra vita. Ricordiamocelo: tutto quello che abbiamo, anche le nostre doti, non è nostro, è ricevuto. Ecco i talenti: un talento è un’unità di misura che equivale a oltre venti chili d’oro puro, un valore enorme! Questo terreno possiamo trasformarlo in un frutteto, un orto, una vigna, un roseto o lasciarlo un campo incolto.
La nostra storia è sottoposta a un discernimento, noi scegliamo ogni giorno, o meglio, dovremmo farlo. È la differenza fra lasciarti vivere dalle giornate, dalle urgenze delle circostanze esterne e delle richieste degli altri, oppure decidere tu cosa far entrare nel tuo tempo e cosa no. Ma anche talenti affidati per metterli a servizio degli altri. Così certamente diventeremo più ricchi noi e gli altri.
Si racconta che in Africa si incontrarono un giorno Raoul Follereau e il dr. Albert Schweitzer (premio Nobel per la pace nel 1952). Si trovarono a discorrere amabilmente delle cose di Dio, quando a un certo punto Follereau chiese al dr. Schweitzer: “Senti, se ti capitasse di incontrare improvvisamente Gesù su una di queste povere strade africane, che cosa faresti?” – Il medico ebbe un momento di esitazione, poi gli rispose: “Cosa farei? Abbasserei la testa per la vergogna…abbiamo fatto così poco di quello che ci ha comandato per i nostri fratelli poveri!”. Anche noi abbiamo fatto ancora troppo poco con il capitale d’amore che Dio ci ha donato. Rimbocchiamoci le maniche e, finché c’è tempo, impieghiamolo per amare!
don Claudio

 

Domenica 15 novembre 2020
Giornata mondiale dei poveri,
”Tendi la tua mano al povero” (Siracide 7,32).

Una Giornata per rimettere al centro il povero, ma non per buonismo. Una giornata per riflettere e pregare, non centrata su raccolte di fondi. Questa è la Giornata mondiale dei Poveri, che il 15 novembre tutte le comunità parrocchiali e religiose, le famiglie e i singoli sono invitate a celebrare.
«La Giornata», spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas di Torino, «è l’occasione per ricordarci che siamo Chiesa nella misura in cui siamo servitori dei poveri, riconoscendo in loro la presenza del Signore: serviamo loro per servire il Signore». Dal riconoscere la centralità del povero la Giornata diventa anche invito a riflettere su quali azioni si possono compiere, ma soprattutto su quali relazioni si possono instaurare. «Quest’anno l’emergenza Covid», prosegue Dovis, «rende più complicato il concretizzare la prossimità con un invito a pranzo come si proponeva in passato, ma la Giornata può essere l’occasione per fermarsi ad analizzare quale posto occupa il povero nella vita di ciascuno e per offrire la preghiera come azione di carità».
Una Giornata infine per domandarsi anche chi sono i poveri, uscendo dagli schemi di chi li identifica come senza dimora o questuanti: «Riconoscere la povertà di relazioni, la povertà di senso, la fatica spirituale che toccano le persone intorno a noi», conclude, «è un passo importante per andare incontro nel quotidiano alla sofferenza di tanti, a quelle sofferenze per le quali non è solo o non è tanto l’aspetto economico a pesare, e per le quali è proprio il tendere la mano, il farsi prossimo con la propria umanità e persona, il passaggio da compiere».