Don Mergola e Don Ciotti dopo l’aggressione al giovane del Darfur a Torino: “le parole violente alimentano il razzismo”

Sulla “violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto” è intervenuto don Luigi Ciotti, prete torinese e fondatore del Gruppo Abele (Associazione che promuove l’inclusione e la giustizia sociale) per commentare le botte e gli insulti razzisti subiti, venerdì sera, da uno studente universitario del Darfur che vive alla parrocchia dell’Ascensione di Torino.  Gli fanno da eco Matteo Aigotti, educatore a Spazio Anch’Io al Parco del Valentino, che denuncia il linguaggio politico intriso di razzismo, e don Mauro Mergola, parroco a Santi Pietro e Paolo Apostoli in San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, che spiega come negli ultimi anni è aumentato il malessere e il sospetto verso i ragazzi di colore della zona, che si sono fatti la fama di essere spacciatori tra gli abitanti del quartiere.

LA STAMPA, edizione del 7 luglio 2018. Articolo a cura di Maria Teresa MARTINGENGO

Don Ciotti: “Le parole violente stanno fomentando un clima razzista”

L’allarme dopo l’aggressione al giovane del Darfur

«C’è una violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto. C’è degrado nelle parole, nei linguaggi e anche nei comportamenti, c’è un clima giudicante. Credo che dovremmo fare una dieta delle parole: dobbiamo trovare l’umiltà di fermarci». È la reazione di don Luigi Ciotti alle botte e agli insulti razzisti subiti venerdì sera da uno studente universitario del Darfur che vive presso la parrocchia dell’Ascensione e collabora con l’ex assessora Ilda Curti.  Ieri pomeriggio don Ciotti era nel salone del Gruppo Abele per presentare la nuova grande accoglienza che nascerà, grazie ai Gesuiti, a Villa Santa Croce di San Mauro. Da Torino aveva annunciato l’iniziativa delle «magliette rosse» di sabato. «Tutti in maglietta rossa per dire da che parte stiamo, per dire che stiamo dalla parte delle fragilità».

Sospetto

Le parole che ogni giorno fanno di ogni erba un fascio, cioè di ogni migrante una persona indesiderata, l’ha detto Ciotti, creano l’atmosfera che si coglie sui mezzi pubblici, con i borbottii quando una madre velata sale con un passeggino, quando persone identificabili come non di origine italiana vengono additate come «quelli che ricevono aiuti mentre gli italiani fanno la fame». Don Mauro Mergola, parroco ai Santi Pietro e Paolo Apostoli a San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, tra i più «mondiali» della città, ammette che «c’è un clima di maggior sospetto rispetto ad un po’ di tempo fa e i ragazzi sentono disagio. Naturalmente c’è un grande malessere da parte della gente verso chi vende la droga. Il fatto è che i giovani senegalesi si sono fatti la fama di essere spacciatori. Però, noi che in largo Saluzzo siamo in mezzo alla movida, sappiamo che vendono alla grande anche gli italiani, solo che non sono riconoscibili». Don Mauro combatte con l’arma della conoscenza e del coinvolgimento. «In settembre in parrocchia apriremo un housing per quattordici giovani italiani e stranieri: stiamo creando una rete di accoglienza per far sì che ogni ragazzo sia sostenuto e accompagnato da una famiglia. Non da un singolo volontario, ma da una famiglia, che lo faccia sentire importante per qualcuno, senza interessi».

Sdoganamento

Non mancano testimonianze che dicono che dalla politica arriva lo sdoganamento del linguaggio razzista. «Ci sono ragazzi italiani che sono cresciuti qui al Valentino tra i giovani migranti, che hanno amici di varie origini – dice Matteo Aigotti, educatore di Spazio Anch’Io, l’oratorio all’aperto del San Luigi accanto a Torino Esposizioni- eppure bisogna leggere cosa scrivono su Facebook: parole cariche di odio. È un modo sbagliato per rivendicare il lavoro che non c’è per i giovani italiani. L’espressione ricorrente su Facebook e sui tram è “io non ho soldi, non ho lavoro ma per i neri c’è tutto”». Di sdoganamento delle parole che esprimono razzismo parlano anche all’Ufficio Stranieri dell’Anolf-Cisl: «Ci sono datori di lavoro che quando hanno un contrasto con i dipendenti se ne escono con “Adesso c’è Salvini, è finito il tempo della pacchia”. E lavoratori che raccontano come certe parole facciano male, che nello scherzo c’è chi ormai passa il limite».

 

 

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Le gallery di EG settimana per settimana

Una selezione delle foto e dei video di Estate Giovani 2018 – pagina in continuo aggiornamento

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La testimonianza: Iosif e l’esperienza di noviziato salesiano in Piemonte: “la vocazione è farsi delle domande profonde sulla propria vita”

Cosa vuol dire oggi Don Bosco per i giovani? Ecco la testimonianza di Iosif, “per gli amici Bubu”, 22 anni,  dalla Romania, novizio salesiano che a settembre di quest’anno farà la prima professione per diventare un salesiano di Don Bosco. Yosi ha svolto un anno di discernimento, insieme ad altri 9 novizi e alle guide spirituali, a Monte Oliveto, a Pinerolo, sede del Noviziato dei Salesiani di Piemonte. All’Oratorio Salesiano San Luigi di Torino ha prestato servizio insieme ad altri 3 novizi, esperienza questa che gli è servita a rafforzare ancora di più la sua decisione di entrare nella congregazione salesiana, come racconta lo stesso:

Vengo dalla Romania, da 3 anni sono in Italia al Noviziato salesiano di Pinerolo.  Novizio è una persona che nella sua vita si fa delle domande, delle domande profonde, una persona qualunque che pensa e crede che il Signore lo chiami a diventare figlio di Don Bosco. Sono cresciuto fin da piccolo all’Oratorio salesiano don Bosco di Bacau, dove partecipavo all’Estate Ragazzi e alle altre attività oratoriali e dove ho prestato il mio servizio come animatore.  Mi sentivo voluto bene in quell’ambiente, con quelle persone. Crescendo poi mi sono accorto che la mia vocazione risiedeva nel donarmi agli altri, specie nei giovani dove vedevo anche il volto di qualcosa di più grande.

Il Signore ha risposto a questa vocazione inviandomi, 3 anni fa, in una casa salesiana nel Triveneto, a Udine: lì ho potuto scoprire cosa vuol dire scorgere il Signore nei volti dei ragazzi. Tanti volti: ragazzi felici, altre volte sofferenti. Ma è in quei volti che ho sentito come il Signore mi abbia chiamato a fare qualcosa di più, a donarmi completamente a Lui.  Essere un padre e un amico per quei ragazzi. Qui in Piemonte, in questo anno di noviziato, insieme ad altri miei nove fratelli, ci interroghiamo sulla vita consacrata salesiana, in cui cerchiamo di avvicinarci sempre più a Gesù, e cerchiamo di assomigliare al volto del nostro papà, Don Bosco.

Viviamo in una casa, insieme ai nostri formatori, come persone normali, magari siamo un po’ più chiusi chiusi nel senso che non usciamo troppo spesso, però li impariamo a vivere da salesiani, da consacrati.  In strada facciamo attività di apostolato, io insieme altri confratelli, andiamo quasi ogni domenica a Torino per fare un po’ di animazione: sono molto felice perché avere una vocazione e farsi delle domande profonde sulla propria vita, perché tante volte parli di vocazione e pensi ai preti: vero, ma in parte. Penso invece che ogni persona normale cerchi la propria vocazione, cerchi di prendere la vita sul serio, e in quelle domande scopre la sua vocazione.

E vocazione vuol dire essere papà, vivere da padre, da madre, nella misura in cui ti stai prendendo cura di qualcuno. Dipende a chi ti rivolgi. Io ho deciso di donare tutta la vita al Signore, per essere di nuovo un papà, un papà spirituale, o da consacrato o da prete. A quelli che vogliono diventare novizi Salesiani consiglio di lavorarci su, di farsi delle domande serie, di chiedersi come possono spendere la propria vita, e ancora di più, gli consiglio di vivere la vita in unità con loro stessi e con gli altri, ma soprattutto con Dio, perché oggi viviamo in una società ricca di  stimoli che non fanno che acuire il proprio vuoto esistenziale, chiamiamole tentazioni, in cui tante volte ci si dimentica di Dio e, di conseguenza, dell’umano e delle sue necessità. Perchè Dio risiede dentro ognuno di noi, per questo motivo la vita va custodita, in tutti i suoi aspetti.

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Il 23 Giugno in Croazia il salesiano Mario Bobić è stato ordinato sacerdote

Sabato 23 giugno, nella Cattedrale di San Vito, a Fiume, in Croazia, Mario Bobic35 anni, croato, laurea ingegneria meccanica,  già diacono della congregazione salesiana, è stato ordinato sacerdote, da mons. Ivane Devčić, arcivescovo di Fiume, insieme ad altri 3 salesiani. A Torino Mario ha trascorso gli ultimi 2 anni di formazione, in preparazione all’ordinazione compiendo gli studi teologici alla Università Pontificia Salesiana – Crocetta previsti dal percorso formativo salesiano. Nella comunità salesiana dell’Istituto San Giovanni Evangelista ha svolto le sue attività in quasi tutti i settori dell’Opera: alla Parrocchia Santi Pietro e Paolo,  alla Movida Spirituale in Largo Saluzzo, alla Parrocchia Sacro Cuore di Maria, agli oratori di San Luigi e Santi Pietro e Paolo e anche al Collegio Universitario.

Racconta don Mario Bobic:

La molla che mi ha portato a conoscere più da vicino il mondo salesiano è stata l’esperienza di dolore che ha vissuto un mio compagno delle superiori che durante la guerra ha perso il papà, per aiutare i fratellini più piccoli ha dovuto lasciare la scuola ed è andato a lavorare.
E lì mi sono posto questa domanda:  “com’è possibile che un ragazzo a cui Dio ha dato certi doni, che ha un talento, non può usarlo, svilupparlo?”. Adesso lavora, è sposato, ha due figli, ma in quel momento è stata dura per lui perdere il padre, interrompere gli studi per andare a lavorare. Dopo ho incontrato nella mia vita i salesiani: ad un direttore della casa salesiana ho chiesto una volta: “ma perché esiste l’ordine dei salesiani?” E lui: “i salesiani esistono nel mondo per dare la possibilità a tutti di rispondere al progetto di Dio”. Ecco, per questo mi sono fatto salesiano.
Vai alla testimonianza di Mario Bobic

 

 

 

 

Matteo Salvini e il caso Aquarius: ecco come rispondono i giovani della Movida di San Salvario

Nei giorni scorsi la nostra redazione ha intervistato alcuni giovani della Movida di Largo Saluzzo a Torino sulla decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di chiudere tutti i porti italiani alla nave Aquarius, con a bordo 629 migranti salvati a largo della Libia, e sulle nuove misure ventilate dal Ministero dell’Interno circa la chiusura dei porti italiani ai migranti in arrivo con l’estate sulle coste nazionali. Ecco i loro interventi:

VISITA IL CANALE DONBOSCOSANSALVARIO

 

Il quotidiano La Stampa sull’aiuto concreto dello sportello lavoro all’Oratorio Salesiano San Luigi di Torino

LA STAMPA, edizione del 27 Giugno 2018. Articolo a cura di Lidia CATALANO

Info sullo Sportello Lavoro

 

 

 

 

La Voce e il Tempo: Al Torneo Migranti di Torino anche i Salesiani di San Salvario “per dare un calcio ai pregiudizi”

La cooperativa sociale Gruppo Arco, il 20 giugno, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, ha organizzato con il Comune e il progetto Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) della Prefettura, il torneo “Rondine Cup”una competizione calcistica che ha visto partecipi i ragazzi di alcune delle comunità di minori stranieri non accompagnati (Msna) accolti a Torino, e tra queste anche i ragazzi della comunità Minori Stranieri non Accompagnati del San Luigi di Torino, accompagnati dal loro incaricato don Mauro Mergola. Il settimanale diocesano La Voce e il Tempo ha dedicato all’evento l’articolo che pubblichiamo di seguito, a firma di Stefano Di Lullo. 

LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 25 Giugno 2018. Articolo a cura di Stefano DI LULLO

Torneo migranti a Torino, il calcio batte i pregiudizi

Un torneo di calcio, come i tanti che si svolgono in questi mesi estivi negli oratori e nelle associazioni di promozione sociale, dove lo sport unisce, include, soprattutto fa sentire gli atleti parte di una comunità che accoglie e accompagna, in particolare chi è più fragile e indifeso.

È l’iniziativa che la cooperativa sociale «Gruppo Arco» ha organizzato il 20 giugno, in sinergia con il Comune di Torino, il progetto Sprar della Prefettura (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e l’Ammp (associazione Maria Madre della Provvidenza), attraverso una competizione calcistica che ha riunito, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, alcune delle comunità di minori stranieri non accompagnati (Msna) accolte a Torino. «Rondine Cup» è il nome del torneo, che si è giocato presso la sede della cooperativa Arco in Borgo San Paolo (via Capriolo 18), dedicato alla comunità di 15 minori soli, «Casa Rondine», ospitata presso la struttura.

Hanno preso parte alle partite le comunità torinesi «Casa Rondine» del Gruppo Arco, «Casa che accoglie» dei Salesiani di Borgo San Paolo e di San Salvario, «Centro Civico Zero», «Nuova Aurora» dei Gruppi di volontariato vincenziano nel quartiere San Donato, le cooperative sociali «Biosfera» e «Tenda» e la fondazione «Difesa dei fanciulli». Dopo gare a gironi, disputate presso il nuovo campo da calcio del complesso di via Capriolo, le otto squadre partecipanti sono state premiate dall’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia che ha incontrato i ragazzi uno ad uno.

Commenta racconta don Mauro Mergola, direttore dell’oratorio salesiano San Luigi a San Salvario e responsabile della Comunità che ospita 15 Msna (ndr):

È fondamentale costruire un progetto unitario e condiviso a livello cittadino […] per operare sempre meglio nell’accoglienza e soprattutto nel percorso di accompagnamento dei ragazzi soli, soprattutto su diversi temi che riguardano la formazione, come la dimensione religiosa, al centro del confronto degli ultimi incontri del Tavolo coordinato dall’Ufficio Minori del Comune.

 

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Cinquanta bambini per la prima volta in vacanza al mare grazie ai Salesiani e a Specchio dei Tempi: tra questi anche i minori del San Luigi di Torino

È partito il bus dal parcheggio davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino che porterà 50 bambini che non hanno mai visto il mare nella casa salesiana di Vallacrosia vicino ad Imperia. Una settimana di vacanza in spiaggia per questi bambini tra gli 8 e i 13 anni, e tra questi anche Milena e Noemi dell’Oratorio Salesiano San Luigi.

LA STAMPA, edizione del 26 Giugno 2018. Articolo a cura di Lucia CARETTI

Sul bus dei bambini che vedono il mare per la prima volta

La Fondazione Specchio dei Tempi ha organizzato con i Salesiani una vacanza per cinquanta bimbi: “Al rientro a scuola anche loro avranno qualcosa da raccontare”

Milena ha cominciato a preparare la valigia giovedì scorso. Non vedeva l’ora di partire e ieri ha salutato mamma Anita sapendo che le mancherà: «Ciao, ti lascio per sette giorni». Primo viaggio senza genitori, un po’ di nostalgia, divertirsi e diventare grandi. «Bellissimo – si commuove Anita – i bambini imparano a essere responsabili e a stare insieme». Milena arriva dal Perù, Mohamed e Youssef dall’Egitto, Noemi è figlia di una signora italiana che dice solo quattro parole e il resto con gli occhi: «Siamo in difficoltà. Grazie».

Piazza Maria Ausiliatrice. Comincia davanti alla basilica di Don Bosco l’avventura di «Bambini mai in vacanza», un progetto interamente sostenuto dalla fondazione «Specchio dei tempi» e realizzato insieme ai salesiani, che accoglieranno 50 ragazzi dagli 8 ai 13 anni nella loro casa di Vallecrosia, in provincia di Imperia. Giochi, nuotate, pulizie a turno, tappe a Ventimiglia e al parco acquatico delle Caravelle. Una settimana in spiaggia per i piccoli che non hanno mai visto il mare. O non se lo ricordano più.

 

 

I Nafsi Africa dal Kenya a San Salvario: “attraverso i nostri spettacoli aiutiamo i più poveri”

All’interno delle attività dell’Educativa di strada, nello Spazio Anch’io al Parco del Valentino, giovedì 21 giugno, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, si sono esibiti gli acrobati del gruppo Nafsi Africa Acrobats, cinque ragazzi provenienti dalle baraccopoli del Kenya che hanno animato con balli, danze, performance circensi un intenso pomeriggio, con i ragazzi dell’Oratorio San Luigi, proponendo loro anche dei laboratori. L’evento è stato organizzato insieme all’Agenzia per lo Sviluppo San Salvario Onlus e l’Educativa di Strada dell’Oratorio Salesiano San Luigi.

Nafsi Africa Acrobats è un gruppo di giovani artisti urbani che hanno incominciato la loro attività in condizioni sociali di estremo disagio e povertà arrivando a risultati professionali. A Nairobi gli acrobati propongono laboratori d’intrattenimento per i bambini più poveri, quelli che hanno solo la strada per casa: annualmente il 50% del ricavato delle loro performance viene devoluto alle persone più in difficoltà, come spiegano gli stessi acrobati:

Crediamo che mettendoci la giusta energia e tenacia il valore delle nostre iniziative possa rafforzarsi e diventare magari il nuovo paradigma per i mutamenti sociali.

Ecco la testimonianza degli acrobati in questa breve video-intervista:

Visita il sito di Nafsi Africa Acrobats Maggiori Info su Educativa di Strada

La testimonianza: N. e il suo Spazio Anch’io alla ricerca di un impiego

Cosa vuol dire Don Bosco in San Salvario? Ecco la testimonianza di N., 22 anni, di origine egiziana, che grazie a Spazio Anch’io, progetto inserito all’interno delle attività dell’Educativa di Strada dell’Oratorio San Luigi, sta ricevendo un sostegno medico e psicologico, oltre che un orientamento al lavoro e alla formazione che la porti alla ricerca di un solido impiego, come racconta la giovane:

Ciao, Sono N., ho 20 anni e sono egiziana. Sono arrivata in Italia quando ero piccola insieme ai miei due fratelli e ai miei genitori. I miei genitori sono tornati entrambi in Egitto, io e i miei fratelli siamo stati inseriti in una comunità che poi ho lasciato quando sono diventata maggiorenne. Successivamente sono riuscita ad ottenere un’abitazione tramite un progetto ma alla fine ne sono rimasta esclusa perché mi incontravo con il mio ragazzo la sera, violando il regolamento della comunità. Così ho deciso di andare a vivere con lui in una casa che riuscivo a pagare facendo diversi lavori, soprattutto come cameriera. Tuttavia riesco a tenermi un lavoro solo per pochi mesi perché ho problemi di dipendenza, quindi spesso non mi presento nei giorni a lavoro.

Da circa un mese non ho più un lavoro e non riesco a trovarne un altro, a differenza del mio ragazzo che nell’ultimo periodo ne ha trovato uno. Ora è lui che mi mantiene economicamente occupandosi di tutte le spese della casa. In questa nuova situazione sono diventata un po’ succube di lui, non posso più fare ciò che voglio con la stessa libertà di prima, venendo sempre ricattata implicitamente per via del fatto che non posso contribuire alle spese. Qualche giorno fa ho deciso di incontrarmi con mia sorella e portare una canna per fumarla insieme a lei, quando l’ha saputo, si è arrabbiato molto dicendo che è lui che paga le canne e in uno raptus d’ira mi ha picchiata. Per ora ho trovato una sistemazione da un’amica che vive con il ragazzo e nel frattempo vengo seguita dagli educatori di Spazio Anch’io, una seconda casa per me.

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