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In memoria del Prof. Giovanni Ramella, ex-allievo del “San Giovannino”

Sabato 25 agosto, all’età di 85 anni, è tornato alla casa del padre il prof. Giovanni Ramella. Ex-allievo della scuola Media dell’Istituto San Giovanni Evangelistadove – ricorda in una intervista – spesso era stato problematico recarsi“, erano gli anni della seconda guerra mondiale. Uomo di grande cultura letteraria, forte umanità e capacità di dialogo con tutti. A seguire alcuni articoli che lo ricordano.

 

LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 25 agosto 2018. Articolo a cura di Albero RICCADONNA

Lutto nel mondo della cultura, è morto Giovanni Ramella

Grande esponente della cultura cattolica torinese, docente di letteratura, preside al Liceo D’Azeglio negli anni Ottanta. Funerali martedi 28 agosto nella parrocchia della Crocetta.

Dopo una breve, improvvisa malattia è morto il 25 agosto a Torino il professor Giovanni Ramella, 85 anni, esponente di spicco della cultura cattolica torinese. Grande studioso della letteratura italiana, ha dedicato la vita all’insegnamento nei licei, particolarmente presso il liceo classico D’Azeglio, dove fu anche preside negli anni Ottanta e Novanta.

 

 

IL TORINESE, edizione del 28 agosto 2018. Articolo a cura di Pier Franco QUAGLIENI

Giovanni Ramella, unico ed irripetibile

La storia intellettuale di un torinese fuori ordinanza

Si sono svolti stamattina i funerali del prof. Giovanni Ramella alla Chiesa della  Crocetta gremitissima di persone. Al termine del rito l’ho ricordato con la sobrietà dovuta alla circostanza, ma molto altro andrebbe detto sull’illustre e compianto  defunto.

 

Info su Istituto San Giovanni Evangelista

 

 

 

 

In morte di don Carlo Carlevaris “prete operaio” tra la sua gente: il ricordo di Don Mauro Mergola

All’alba di lunedì 2 luglio 2018 è tornato alla casa del Padre Don Calo Carlevaris, il “prete operaio” sempre dalla parte dei più deboli, classe operaia per l’appunto, dopo essere stato ricoverato all’ospedale Cottolengo di Torino.  Ecco il ricordo di don Mauro Mergola, parroco a Santi Pietro e Paolo Apostoli, chiesa che giorno 3 luglio ha ospitato il Santo Rosario per la dipartita del presbitero:

Don Carlo ha segnato la storia della Chiesa di Torino, e non solo, perché è stato “prete operaio” (Fiat, Lamet, Michelin) ossia ha voluto testimoniare il Vangelo in fabbrica, lavorando tra e con gli operai, impegnandosi nel servizio sindacale cercando di promuovere la giustizia, la responsabilità e la ricerca del bene comune. Ha collaborato con il card. Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino, alla stesura della lettera pastorale Camminare insieme (8 dicembre 1971), con la quale la Chiesa torinese prendeva posizione nell’annunciare il Vangelo ai poveri allora riconosciuti nella classe operaia, nel dialogo, spesso apro, tra le parti sociali, nel tentativo di creare una comunità nella quale gli interessi di tutti fossero tutelati e la dignità di ciascuno vissuta nel lavoro fosse rispettata. 

Molte persone hanno trovato in don Carlo una figura di riferimento per la propria formazione cristiana per cercare con il suo aiuto a coniugare insieme fede e vita, a leggere le problematiche sociali alla luce del Vangelo secondo il criterio vedere, giudicare e agire diffuso dalla GIOC (Gioventù Operaia Cristina), associazione cattolica dedicata alla pastorale del lavoro. Negli ultimi anni a causa della malattia don Carlo ha vissuto il Vangelo dei gesti, dell’accoglienza e dell’ascolto. Ha frequentato la nostra chiesa di Santi Pietro e Paolo ponendosi tra la nostra comunità pregando per noi e con noi. Il suo esempio e la sua sofferenza vissuta nella fede siano sorgenti di numerose e sante vocazioni alla vita sacerdotale e all’impegno cristiano nel mondo del lavoro e della famiglia.

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LA STAMPA, edizione del 02 luglio 2018. Articolo a cura di Maria Teresa MARTINENGO

Addio a don Carlo Carlevaris, primo prete operaio

Cappellano in fabbrica, poi lavoratore per vent’anni, fu impegnato nella Cisl e nella Gioc.
Don Carlo Carlevaris, il primo prete operaio torinese, animatore di una stagione di Chiesa improntata al sociale, è morto all’alba di oggi all’Ospedale Cottolengo. Aveva 92 anni. I funerali saranno celebrati mercoledì alle 10, nella chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza, via Cottolengo 14, presieduti dall’arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia; il Santo Rosario si terrà domani, martedì, ore 18, nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di largo Saluzzo. La salma verrà tumulata al Cimitero monumentale di Torino nella tomba dei sacerdoti.

 

LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 03 luglio 2018. Articolo a cura di Pier Giuseppe ACCORNERO

L’addio a don Carlo Carlevaris, primo prete operaio

Lutto – La scomparsa a 92 anni di uno dei primi preti operai italiani, che ha saputo egregiamente indossare la stola e la tuta, morto all’alba del 2 luglio all’ospedale Cottolengo di Torino. L’Arcivescovo Nosiglia ha presieduto i funerali mercoledì 4 luglio alle 10 nella chiesa grande della «Piccola Casa della Divina Provvidenza». Il ricordo dell’Arcivescovo Nosiglia

Don Carlo Carlevaris, uno dei primi preti operai italiani, che ha saputo egregiamente indossare la stola e la tuta, è morto 92enne all’alba del 2 luglio all’ospedale Cottolengo di Torino. La preghiera del rosario si è tenuta il 3 luglio alle 18 nella parrocchia Santi Pietro e Paolo in largo Saluzzo a Torino. L’Arcivescovo Nosiglia ha presieduto i funerali mercoledì 4 luglio alle 10 nella chiesa grande della «Piccola Casa della Divina Provvidenza» in via Cottolengo 14. La salma è stata tumulata presso il Cimitero monumentale nella tomba dei sacerdoti.

 

FAMIGLIA CRISTIANA, edizione del 04 luglio 2018. Articolo a cura di Marta MERGOTTI

Tute e Vangelo, quando la Chiesa entrò in fabbrica

04/07/2018  La morte di don Carlo Carlevaris, tra i primi sacerdoti in Italia a lavorare dentro gli stabilimenti (licenziato dalla Fiat, assunto da un’azienda metalmeccanica dell’indotto, sindacalista), riporta alla ribalta la scelta del Concilio nonché la ricchezza ecclesiale e sociale di Torino sotto la guida del cardinale Michele Pellegrino.

Tra i primi preti operai Italia e protagonista fuori dagli schemi della Chiesa del Novecento, don Carlo Carlevaris è morto all’alba del 2 luglio 2018, a 92 anni, nella Piccola casa della Divina Provvidenza di Torino, nello stesso luogo dove era stato ordinato quasi settant’anni fa. Viceparroco, cappellano del lavoro, poi operaio in un’industria metalmeccanica e sindacalista, ma anche prete impegnato nella solidarietà in Sud America, don Carlevaris appare eccezionale per le sue scelte spesso controcorrente. Eppure, nel suo tenace dialogo con la società moderna e la faticosa fedeltà al messaggio del Vangelo, si rispecchiano molte vicende della Chiesa italiana del Novecento.

 

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Testimonianze da Spazio Anch’io

I giovani di Spazio Anch’io ci presentano in questo breve video la loro esperienza. Ogni pomeriggio sono tante le attività che l’equipe degli animatori propone ai ragazzi.

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A La Voce e Il Tempo cronache estive d’integrazione negli Oratori di San Salvario

Il settimanale La Voce e Il Tempo, a firma del giornalista Stefano di Lullo, ha dedicato un pezzo all’inclusione che si vive a trecentosessanta gradi negli Oratori Estivi, da Falchera a Porta Palazzo fino a San Salvario, quartiere multietnico, quest’ultimo, in cui opera  il salesiano don Mauro Mergola, e in cui ogni giorno si vive la sfida dell’integrazione. 

Estate negli Oratori, qui è «straniero» un ragazzo su tre

Cronache di integrazione –  l’inclusione è a tutto campo: estate ragazzi nel campo rom di via Germagnano. Tra gli animatori delle parrocchie di Settimo Torinese ci sono i migranti del Centro Fenoglio

L’oratorio estivo arriva anche al campo Rom di via Germagnano alla periferia nord di Torino: fra il degrado che nell’insediamento nomadi continua ad essere al limite della dignità umana gli animatori dell’oratorio San Pio X di Falchera con il parroco don Adelino Montanelli, in rete con l’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, la Comunità Abramo e il Comune, tutti i mercoledì, parallelamente alle attività in parrocchia, regalano alcune ore di gioco ai bambini che vivono lì con il tipico stile dell’oratorio. Allo stesso modo la parrocchia Cafasso ha avviato un progetto di inclusione di bambini rom.

Sono solo due degli esempi di integrazione e accoglienza, forse i più forti, che gli oratori estivi incarnano: in queste settimane sono mobilitati in tutta la diocesi dove, soprattutto nei quartieri periferici torinesi e della prima cintura segnati dall’emergenza,  diventano la «casa» per le famiglie del territorio. Alcuni centri si colorano con oltre trenta nazionalità, appartenenti a diverse religioni. La maggior parte delle estate ragazzi oratoriane conta il 25% di iscritti di origine straniera, in alcuni casi si supera ampiamente il 50%. Non si tratta solo delle ordinarie attività aggregative: gli oratori aprono anche alla sera e nei week-end coinvolgendo a tutto campo le famiglie del quartiere: numerosi i progetti che favoriscono l’inclusione degli stranieri, dei migranti, dei disabili, dei ragazzi svantaggiati.

San Salvario e l’Educativa di Strada 

Nei mesi estivi si intensifica l’attività di «Spazio Anch’io» al Parco del Valentino (tra via Medaglie d’Oro e via Ceppi), la postazione dei Salesiani dell’oratorio San Luigi di San Salvario, guidato da don Mauro Mergola, dove gli educatori tutti i pomeriggi stanno accanto ai ragazzi che si incontrano sulla strada accompagnandoli a riprendere in mano la propria vita. Da lunedì a venerdì dalle 15 alle 19 gli animatori dell’Educativa di strada propongono scuola di italiano, laboratori, tornei, street art, lab music e uscite.  «Il venerdì», spiega Giulia Melardi, educatrice, «si tengono laboratori artigianali: un tappezziere insegna ai ragazzi a cucire, seguono dunque laboratori sul confezionamento di borsette o portafogli, il tutto utilizzando il cucito».

 

Info su Educativa di Strada

 

 

 

 

Serata di festa all’Oratorio per i Santi Pietro e Paolo Apostoli

I ragazzi, gli animatori e i genitori che partecipano a Estate Ragazzi si sono ritrovati la sera di giovedì 28 giugno nel cortile dell’Oratorio di via Giacosa 8 per festeggiare i Santi Pietro e Paolo Apostoli, patroni della Parrocchia e dell’Oratorio. I ragazzi e gli animatori hanno presentato il risultato dei lavori svolti durante le scorse settimane nei tanti laboratori: musica, danza, teatro, illusionismo, canto, multimedia. Nella medesima serata gli animatori con un balletto hanno presentato a tutti l’inno dell’Estate Ragazzi. La serata si è conclusa guardano le fotografie delle passate settimane di Estate Ragazzi proiettate sul grande schermo e mangiando un pezzo di anguria offerto a tutti. Alla serata era anche presente l’incaricato dell’Oratorio, il salesiano don Mauro Mergola, il quale ha detto:

Ringraziamo questa sera tutti gli animatori che hanno organizzato l’Estate Ragazzi di queste prime tre settimane. A tutti ricordiamo che questa festa è dedicata ai santi Pietro e Paolo Apostoli. Pietro: significa essere pietre. Ogni ragazzo, ogni famiglia della nostra Parrocchia è invitata ad essere pietra viva che costruisce la comunità, quindi dare il proprio contributo per il bene di tutti. Paolo: significa piccolo. Chi si fa piccolo e riconosce la centralità di Dio come ha fatto Paolo diventa grande, chi non si fa piccolo e pensa di essere grande non vale nulla agli occhi di Dio. Noi siamo un po’ come lo zero, Dio è come l’uno, se l’uno sta davanti allo zero, lo zero acquista valore se l’uno non viene considerato o è posto dopo lo zero, non ha nessun valore. Paolo è diventato grande perché ha messo davanti a se il Signore così anche noi siamo chiamati ad essere grandi, alla sua scuola se mettiamo al centro della nostra vita il Signore Gesù.

 

Ecco la photogallery della serata

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Don Mergola e Don Ciotti dopo l’aggressione al giovane del Darfur a Torino: “le parole violente alimentano il razzismo”

Sulla “violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto” è intervenuto don Luigi Ciotti, prete torinese e fondatore del Gruppo Abele (Associazione che promuove l’inclusione e la giustizia sociale) per commentare le botte e gli insulti razzisti subiti, venerdì sera, da uno studente universitario del Darfur che vive alla parrocchia dell’Ascensione di Torino.  Gli fanno da eco Matteo Aigotti, educatore a Spazio Anch’Io al Parco del Valentino, che denuncia il linguaggio politico intriso di razzismo, e don Mauro Mergola, parroco a Santi Pietro e Paolo Apostoli in San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, che spiega come negli ultimi anni è aumentato il malessere e il sospetto verso i ragazzi di colore della zona, che si sono fatti la fama di essere spacciatori tra gli abitanti del quartiere.

LA STAMPA, edizione del 7 luglio 2018. Articolo a cura di Maria Teresa MARTINGENGO

Don Ciotti: “Le parole violente stanno fomentando un clima razzista”

L’allarme dopo l’aggressione al giovane del Darfur

«C’è una violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto. C’è degrado nelle parole, nei linguaggi e anche nei comportamenti, c’è un clima giudicante. Credo che dovremmo fare una dieta delle parole: dobbiamo trovare l’umiltà di fermarci». È la reazione di don Luigi Ciotti alle botte e agli insulti razzisti subiti venerdì sera da uno studente universitario del Darfur che vive presso la parrocchia dell’Ascensione e collabora con l’ex assessora Ilda Curti.  Ieri pomeriggio don Ciotti era nel salone del Gruppo Abele per presentare la nuova grande accoglienza che nascerà, grazie ai Gesuiti, a Villa Santa Croce di San Mauro. Da Torino aveva annunciato l’iniziativa delle «magliette rosse» di sabato. «Tutti in maglietta rossa per dire da che parte stiamo, per dire che stiamo dalla parte delle fragilità».

Sospetto

Le parole che ogni giorno fanno di ogni erba un fascio, cioè di ogni migrante una persona indesiderata, l’ha detto Ciotti, creano l’atmosfera che si coglie sui mezzi pubblici, con i borbottii quando una madre velata sale con un passeggino, quando persone identificabili come non di origine italiana vengono additate come «quelli che ricevono aiuti mentre gli italiani fanno la fame». Don Mauro Mergola, parroco ai Santi Pietro e Paolo Apostoli a San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, tra i più «mondiali» della città, ammette che «c’è un clima di maggior sospetto rispetto ad un po’ di tempo fa e i ragazzi sentono disagio. Naturalmente c’è un grande malessere da parte della gente verso chi vende la droga. Il fatto è che i giovani senegalesi si sono fatti la fama di essere spacciatori. Però, noi che in largo Saluzzo siamo in mezzo alla movida, sappiamo che vendono alla grande anche gli italiani, solo che non sono riconoscibili». Don Mauro combatte con l’arma della conoscenza e del coinvolgimento. «In settembre in parrocchia apriremo un housing per quattordici giovani italiani e stranieri: stiamo creando una rete di accoglienza per far sì che ogni ragazzo sia sostenuto e accompagnato da una famiglia. Non da un singolo volontario, ma da una famiglia, che lo faccia sentire importante per qualcuno, senza interessi».

Sdoganamento

Non mancano testimonianze che dicono che dalla politica arriva lo sdoganamento del linguaggio razzista. «Ci sono ragazzi italiani che sono cresciuti qui al Valentino tra i giovani migranti, che hanno amici di varie origini – dice Matteo Aigotti, educatore di Spazio Anch’Io, l’oratorio all’aperto del San Luigi accanto a Torino Esposizioni- eppure bisogna leggere cosa scrivono su Facebook: parole cariche di odio. È un modo sbagliato per rivendicare il lavoro che non c’è per i giovani italiani. L’espressione ricorrente su Facebook e sui tram è “io non ho soldi, non ho lavoro ma per i neri c’è tutto”». Di sdoganamento delle parole che esprimono razzismo parlano anche all’Ufficio Stranieri dell’Anolf-Cisl: «Ci sono datori di lavoro che quando hanno un contrasto con i dipendenti se ne escono con “Adesso c’è Salvini, è finito il tempo della pacchia”. E lavoratori che raccontano come certe parole facciano male, che nello scherzo c’è chi ormai passa il limite».

 

 

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Le gallery di EG settimana per settimana

Una selezione delle foto e dei video di Estate Giovani 2018 – pagina in continuo aggiornamento

2° settimana foto

 

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1° settimana foto

 

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La testimonianza: Iosif e l’esperienza di noviziato salesiano in Piemonte: “la vocazione è farsi delle domande profonde sulla propria vita”

Cosa vuol dire oggi Don Bosco per i giovani? Ecco la testimonianza di Iosif, “per gli amici Bubu”, 22 anni,  dalla Romania, novizio salesiano che a settembre di quest’anno farà la prima professione per diventare un salesiano di Don Bosco. Yosi ha svolto un anno di discernimento, insieme ad altri 9 novizi e alle guide spirituali, a Monte Oliveto, a Pinerolo, sede del Noviziato dei Salesiani di Piemonte. All’Oratorio Salesiano San Luigi di Torino ha prestato servizio insieme ad altri 3 novizi, esperienza questa che gli è servita a rafforzare ancora di più la sua decisione di entrare nella congregazione salesiana, come racconta lo stesso:

Vengo dalla Romania, da 3 anni sono in Italia al Noviziato salesiano di Pinerolo.  Novizio è una persona che nella sua vita si fa delle domande, delle domande profonde, una persona qualunque che pensa e crede che il Signore lo chiami a diventare figlio di Don Bosco. Sono cresciuto fin da piccolo all’Oratorio salesiano don Bosco di Bacau, dove partecipavo all’Estate Ragazzi e alle altre attività oratoriali e dove ho prestato il mio servizio come animatore.  Mi sentivo voluto bene in quell’ambiente, con quelle persone. Crescendo poi mi sono accorto che la mia vocazione risiedeva nel donarmi agli altri, specie nei giovani dove vedevo anche il volto di qualcosa di più grande.

Il Signore ha risposto a questa vocazione inviandomi, 3 anni fa, in una casa salesiana nel Triveneto, a Udine: lì ho potuto scoprire cosa vuol dire scorgere il Signore nei volti dei ragazzi. Tanti volti: ragazzi felici, altre volte sofferenti. Ma è in quei volti che ho sentito come il Signore mi abbia chiamato a fare qualcosa di più, a donarmi completamente a Lui.  Essere un padre e un amico per quei ragazzi. Qui in Piemonte, in questo anno di noviziato, insieme ad altri miei nove fratelli, ci interroghiamo sulla vita consacrata salesiana, in cui cerchiamo di avvicinarci sempre più a Gesù, e cerchiamo di assomigliare al volto del nostro papà, Don Bosco.

Viviamo in una casa, insieme ai nostri formatori, come persone normali, magari siamo un po’ più chiusi chiusi nel senso che non usciamo troppo spesso, però li impariamo a vivere da salesiani, da consacrati.  In strada facciamo attività di apostolato, io insieme altri confratelli, andiamo quasi ogni domenica a Torino per fare un po’ di animazione: sono molto felice perché avere una vocazione e farsi delle domande profonde sulla propria vita, perché tante volte parli di vocazione e pensi ai preti: vero, ma in parte. Penso invece che ogni persona normale cerchi la propria vocazione, cerchi di prendere la vita sul serio, e in quelle domande scopre la sua vocazione.

E vocazione vuol dire essere papà, vivere da padre, da madre, nella misura in cui ti stai prendendo cura di qualcuno. Dipende a chi ti rivolgi. Io ho deciso di donare tutta la vita al Signore, per essere di nuovo un papà, un papà spirituale, o da consacrato o da prete. A quelli che vogliono diventare novizi Salesiani consiglio di lavorarci su, di farsi delle domande serie, di chiedersi come possono spendere la propria vita, e ancora di più, gli consiglio di vivere la vita in unità con loro stessi e con gli altri, ma soprattutto con Dio, perché oggi viviamo in una società ricca di  stimoli che non fanno che acuire il proprio vuoto esistenziale, chiamiamole tentazioni, in cui tante volte ci si dimentica di Dio e, di conseguenza, dell’umano e delle sue necessità. Perchè Dio risiede dentro ognuno di noi, per questo motivo la vita va custodita, in tutti i suoi aspetti.

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Il quotidiano La Stampa sull’aiuto concreto dello sportello lavoro all’Oratorio Salesiano San Luigi di Torino

LA STAMPA, edizione del 27 Giugno 2018. Articolo a cura di Lidia CATALANO

Info sullo Sportello Lavoro

 

 

 

 

La Voce e il Tempo: Al Torneo Migranti di Torino anche i Salesiani di San Salvario “per dare un calcio ai pregiudizi”

La cooperativa sociale Gruppo Arco, il 20 giugno, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, ha organizzato con il Comune e il progetto Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) della Prefettura, il torneo “Rondine Cup”una competizione calcistica che ha visto partecipi i ragazzi di alcune delle comunità di minori stranieri non accompagnati (Msna) accolti a Torino, e tra queste anche i ragazzi della comunità Minori Stranieri non Accompagnati del San Luigi di Torino, accompagnati dal loro incaricato don Mauro Mergola. Il settimanale diocesano La Voce e il Tempo ha dedicato all’evento l’articolo che pubblichiamo di seguito, a firma di Stefano Di Lullo. 

LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 25 Giugno 2018. Articolo a cura di Stefano DI LULLO

Torneo migranti a Torino, il calcio batte i pregiudizi

Un torneo di calcio, come i tanti che si svolgono in questi mesi estivi negli oratori e nelle associazioni di promozione sociale, dove lo sport unisce, include, soprattutto fa sentire gli atleti parte di una comunità che accoglie e accompagna, in particolare chi è più fragile e indifeso.

È l’iniziativa che la cooperativa sociale «Gruppo Arco» ha organizzato il 20 giugno, in sinergia con il Comune di Torino, il progetto Sprar della Prefettura (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e l’Ammp (associazione Maria Madre della Provvidenza), attraverso una competizione calcistica che ha riunito, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, alcune delle comunità di minori stranieri non accompagnati (Msna) accolte a Torino. «Rondine Cup» è il nome del torneo, che si è giocato presso la sede della cooperativa Arco in Borgo San Paolo (via Capriolo 18), dedicato alla comunità di 15 minori soli, «Casa Rondine», ospitata presso la struttura.

Hanno preso parte alle partite le comunità torinesi «Casa Rondine» del Gruppo Arco, «Casa che accoglie» dei Salesiani di Borgo San Paolo e di San Salvario, «Centro Civico Zero», «Nuova Aurora» dei Gruppi di volontariato vincenziano nel quartiere San Donato, le cooperative sociali «Biosfera» e «Tenda» e la fondazione «Difesa dei fanciulli». Dopo gare a gironi, disputate presso il nuovo campo da calcio del complesso di via Capriolo, le otto squadre partecipanti sono state premiate dall’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia che ha incontrato i ragazzi uno ad uno.

Commenta racconta don Mauro Mergola, direttore dell’oratorio salesiano San Luigi a San Salvario e responsabile della Comunità che ospita 15 Msna (ndr):

È fondamentale costruire un progetto unitario e condiviso a livello cittadino […] per operare sempre meglio nell’accoglienza e soprattutto nel percorso di accompagnamento dei ragazzi soli, soprattutto su diversi temi che riguardano la formazione, come la dimensione religiosa, al centro del confronto degli ultimi incontri del Tavolo coordinato dall’Ufficio Minori del Comune.

 

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