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A La Voce e Il Tempo cronache estive d’integrazione negli Oratori di San Salvario

Il settimanale La Voce e Il Tempo, a firma del giornalista Stefano di Lullo, ha dedicato un pezzo all’inclusione che si vive a trecentosessanta gradi negli Oratori Estivi, da Falchera a Porta Palazzo fino a San Salvario, quartiere multietnico, quest’ultimo, in cui opera  il salesiano don Mauro Mergola, e in cui ogni giorno si vive la sfida dell’integrazione. 

Estate negli Oratori, qui è «straniero» un ragazzo su tre

Cronache di integrazione –  l’inclusione è a tutto campo: estate ragazzi nel campo rom di via Germagnano. Tra gli animatori delle parrocchie di Settimo Torinese ci sono i migranti del Centro Fenoglio

L’oratorio estivo arriva anche al campo Rom di via Germagnano alla periferia nord di Torino: fra il degrado che nell’insediamento nomadi continua ad essere al limite della dignità umana gli animatori dell’oratorio San Pio X di Falchera con il parroco don Adelino Montanelli, in rete con l’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, la Comunità Abramo e il Comune, tutti i mercoledì, parallelamente alle attività in parrocchia, regalano alcune ore di gioco ai bambini che vivono lì con il tipico stile dell’oratorio. Allo stesso modo la parrocchia Cafasso ha avviato un progetto di inclusione di bambini rom.

Sono solo due degli esempi di integrazione e accoglienza, forse i più forti, che gli oratori estivi incarnano: in queste settimane sono mobilitati in tutta la diocesi dove, soprattutto nei quartieri periferici torinesi e della prima cintura segnati dall’emergenza,  diventano la «casa» per le famiglie del territorio. Alcuni centri si colorano con oltre trenta nazionalità, appartenenti a diverse religioni. La maggior parte delle estate ragazzi oratoriane conta il 25% di iscritti di origine straniera, in alcuni casi si supera ampiamente il 50%. Non si tratta solo delle ordinarie attività aggregative: gli oratori aprono anche alla sera e nei week-end coinvolgendo a tutto campo le famiglie del quartiere: numerosi i progetti che favoriscono l’inclusione degli stranieri, dei migranti, dei disabili, dei ragazzi svantaggiati.

San Salvario e l’Educativa di Strada 

Nei mesi estivi si intensifica l’attività di «Spazio Anch’io» al Parco del Valentino (tra via Medaglie d’Oro e via Ceppi), la postazione dei Salesiani dell’oratorio San Luigi di San Salvario, guidato da don Mauro Mergola, dove gli educatori tutti i pomeriggi stanno accanto ai ragazzi che si incontrano sulla strada accompagnandoli a riprendere in mano la propria vita. Da lunedì a venerdì dalle 15 alle 19 gli animatori dell’Educativa di strada propongono scuola di italiano, laboratori, tornei, street art, lab music e uscite.  «Il venerdì», spiega Giulia Melardi, educatrice, «si tengono laboratori artigianali: un tappezziere insegna ai ragazzi a cucire, seguono dunque laboratori sul confezionamento di borsette o portafogli, il tutto utilizzando il cucito».

 

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Don Mergola e Don Ciotti dopo l’aggressione al giovane del Darfur a Torino: “le parole violente alimentano il razzismo”

Sulla “violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto” è intervenuto don Luigi Ciotti, prete torinese e fondatore del Gruppo Abele (Associazione che promuove l’inclusione e la giustizia sociale) per commentare le botte e gli insulti razzisti subiti, venerdì sera, da uno studente universitario del Darfur che vive alla parrocchia dell’Ascensione di Torino.  Gli fanno da eco Matteo Aigotti, educatore a Spazio Anch’Io al Parco del Valentino, che denuncia il linguaggio politico intriso di razzismo, e don Mauro Mergola, parroco a Santi Pietro e Paolo Apostoli in San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, che spiega come negli ultimi anni è aumentato il malessere e il sospetto verso i ragazzi di colore della zona, che si sono fatti la fama di essere spacciatori tra gli abitanti del quartiere.

LA STAMPA, edizione del 7 luglio 2018. Articolo a cura di Maria Teresa MARTINGENGO

Don Ciotti: “Le parole violente stanno fomentando un clima razzista”

L’allarme dopo l’aggressione al giovane del Darfur

«C’è una violenza verbale che rischia di tradursi in violenza di fatto. C’è degrado nelle parole, nei linguaggi e anche nei comportamenti, c’è un clima giudicante. Credo che dovremmo fare una dieta delle parole: dobbiamo trovare l’umiltà di fermarci». È la reazione di don Luigi Ciotti alle botte e agli insulti razzisti subiti venerdì sera da uno studente universitario del Darfur che vive presso la parrocchia dell’Ascensione e collabora con l’ex assessora Ilda Curti.  Ieri pomeriggio don Ciotti era nel salone del Gruppo Abele per presentare la nuova grande accoglienza che nascerà, grazie ai Gesuiti, a Villa Santa Croce di San Mauro. Da Torino aveva annunciato l’iniziativa delle «magliette rosse» di sabato. «Tutti in maglietta rossa per dire da che parte stiamo, per dire che stiamo dalla parte delle fragilità».

Sospetto

Le parole che ogni giorno fanno di ogni erba un fascio, cioè di ogni migrante una persona indesiderata, l’ha detto Ciotti, creano l’atmosfera che si coglie sui mezzi pubblici, con i borbottii quando una madre velata sale con un passeggino, quando persone identificabili come non di origine italiana vengono additate come «quelli che ricevono aiuti mentre gli italiani fanno la fame». Don Mauro Mergola, parroco ai Santi Pietro e Paolo Apostoli a San Salvario e direttore dell’oratorio salesiano San Luigi di via Ormea, tra i più «mondiali» della città, ammette che «c’è un clima di maggior sospetto rispetto ad un po’ di tempo fa e i ragazzi sentono disagio. Naturalmente c’è un grande malessere da parte della gente verso chi vende la droga. Il fatto è che i giovani senegalesi si sono fatti la fama di essere spacciatori. Però, noi che in largo Saluzzo siamo in mezzo alla movida, sappiamo che vendono alla grande anche gli italiani, solo che non sono riconoscibili». Don Mauro combatte con l’arma della conoscenza e del coinvolgimento. «In settembre in parrocchia apriremo un housing per quattordici giovani italiani e stranieri: stiamo creando una rete di accoglienza per far sì che ogni ragazzo sia sostenuto e accompagnato da una famiglia. Non da un singolo volontario, ma da una famiglia, che lo faccia sentire importante per qualcuno, senza interessi».

Sdoganamento

Non mancano testimonianze che dicono che dalla politica arriva lo sdoganamento del linguaggio razzista. «Ci sono ragazzi italiani che sono cresciuti qui al Valentino tra i giovani migranti, che hanno amici di varie origini – dice Matteo Aigotti, educatore di Spazio Anch’Io, l’oratorio all’aperto del San Luigi accanto a Torino Esposizioni- eppure bisogna leggere cosa scrivono su Facebook: parole cariche di odio. È un modo sbagliato per rivendicare il lavoro che non c’è per i giovani italiani. L’espressione ricorrente su Facebook e sui tram è “io non ho soldi, non ho lavoro ma per i neri c’è tutto”». Di sdoganamento delle parole che esprimono razzismo parlano anche all’Ufficio Stranieri dell’Anolf-Cisl: «Ci sono datori di lavoro che quando hanno un contrasto con i dipendenti se ne escono con “Adesso c’è Salvini, è finito il tempo della pacchia”. E lavoratori che raccontano come certe parole facciano male, che nello scherzo c’è chi ormai passa il limite».

 

 

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Matteo Salvini e il caso Aquarius: ecco come rispondono i giovani della Movida di San Salvario

Nei giorni scorsi la nostra redazione ha intervistato alcuni giovani della Movida di Largo Saluzzo a Torino sulla decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di chiudere tutti i porti italiani alla nave Aquarius, con a bordo 629 migranti salvati a largo della Libia, e sulle nuove misure ventilate dal Ministero dell’Interno circa la chiusura dei porti italiani ai migranti in arrivo con l’estate sulle coste nazionali. Ecco i loro interventi:

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I Nafsi Africa dal Kenya a San Salvario: “attraverso i nostri spettacoli aiutiamo i più poveri”

All’interno delle attività dell’Educativa di strada, nello Spazio Anch’io al Parco del Valentino, giovedì 21 giugno, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, si sono esibiti gli acrobati del gruppo Nafsi Africa Acrobats, cinque ragazzi provenienti dalle baraccopoli del Kenya che hanno animato con balli, danze, performance circensi un intenso pomeriggio, con i ragazzi dell’Oratorio San Luigi, proponendo loro anche dei laboratori. L’evento è stato organizzato insieme all’Agenzia per lo Sviluppo San Salvario Onlus e l’Educativa di Strada dell’Oratorio Salesiano San Luigi.

Nafsi Africa Acrobats è un gruppo di giovani artisti urbani che hanno incominciato la loro attività in condizioni sociali di estremo disagio e povertà arrivando a risultati professionali. A Nairobi gli acrobati propongono laboratori d’intrattenimento per i bambini più poveri, quelli che hanno solo la strada per casa: annualmente il 50% del ricavato delle loro performance viene devoluto alle persone più in difficoltà, come spiegano gli stessi acrobati:

Crediamo che mettendoci la giusta energia e tenacia il valore delle nostre iniziative possa rafforzarsi e diventare magari il nuovo paradigma per i mutamenti sociali.

Ecco la testimonianza degli acrobati in questa breve video-intervista:

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A Santi Pietro e Paolo Omar e l’evangelizzazione in musica: “la Chiesa ha bisogno dell’arte per comunicare con efficacia”

Cosa vuol dire Don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Omar, 34 anni, vicentino, laico impegnato da anni nella nuova evangelizzazione con la comunità Abramo di Vicenza, a Torino da 3 anni, dove insegna religione in una scuola media nel quartiere Barriera di Milano. Sabato sera, nella Chiesa di Santi Pietro e Paolo in Largo Saluzzo, al consueto appuntamento con la Movida Spirituale, ha animato l’adorazione eucaristica del sabato sera con i canti e la chitarra, come racconta lo stesso:

È stato un momento di adorazione eucaristica che abbiamo animato, questa sera, alla Chiesa Santi Pietro e Paolo, attraverso la musica. Noi lo chiamiamo “ingresso libero”, cioè vogliamo invitare le persone ad entrare in Chiesa per vivere un momento personale con Dio, e questo lo facciamo non solo attraverso il dialogo con le persone ma anche attraverso la musica, attraverso i canti. La Chiesa ha bisogno dell’arte per trasmettere il messaggio di Cristo. E poi, come dice Sant’Agostino, chi canta prega due volte.

Il nostro obiettivo è quello di portare Gesù alle persone, perché Gesù ha cambiato la nostra vita, l’ha cambiato in meglio, ha rinnovato il nostro cuore, e lo facciamo attraverso la musica, che è uno strumento, un mezzo per annunciare agli altri che Gesù è vivo, che Gesù è gioia, amore, e riempie il cuore. Siamo qua a Torino anche per questo, soprattutto qui nella Movida, centro pieno di giovani che purtroppo, tante volte, non non hanno ancora scoperto che Gesù può dare tanto alla loro vita.
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La testimonianza: Michele Reolon e l’esperienza di noviziato in Piemonte: “Felicità è saper ascoltare l’amore di Dio”

Cosa vuol dire oggi Don Bosco per i giovani? Ecco la testimonianza di Michele Reolon, 22 anni, di Belluno, novizio salesiano che a settembre di quest’anno farà la prima professione “a Dio piacendo” per diventare un salesiano di Don Bosco. Michele ha svolto un anno di discernimento, insieme ad altri 9 novizi e alle guide spirituali, a Monte Oliveto, a Pinerolo, sede del Noviziato dei Salesiani di Piemonte. All’Oratorio Salesiano San Luigi di Torino ha prestato servizio insieme ad altri 3 novizi, esperienza questa che gli è servita a rafforzare ancora di più la sua decisione di entrare nella congregazione salesiana, come racconta lo stesso:
Fin da piccolino avevo questo sogno “strano” di diventare sacerdote, poi ad un certo punto, iniziando le superiori, ho voluto, quasi dovuto seppellire questa chiamata, e tutto d’un tratto Dio è diventato un po’ un concorrente per la mia vita; mi stava molto stretto, come mi stava stretto questo sogno che avevo da piccolino. Ho cercato di cancellare tutto, di andare avanti, di riempire questo vuoto, che avevo d’improvviso creato io, con tantissime altre cose. Ma questo vuoto non andava via, e in cuor mio diventavo sempre più triste. Mi mancava qualcosa e non sapevo cosa fare della mia vita. Avevo amicizie, in mente una vita con un percorso tracciato, ma non ero veramente felice. Mi mancava qualcosa. Allora è stato in quel momento che ho avuto nostalgia di Dio. E in questa nostalgia Dio mi ha chiamato ancora più intensamente, rispetto a quando ero bambino. E al mio cuore, prima che alla mia mente ho sommessamente sussurrato: “voglio essere Tuo per sempre!”. E ci sto provando ad esserlo, giorno dopo giorno, anche grazie all’appoggio che mi stanno dando i miei familiari, difficilmente si riesce ad essere compresi in simili decisioni.
Adesso posso dire che mi sento davvero felice: in collina, sede del Noviziato, viviamo in semplicità, tra preghiere e studio, e la sera tutti a far festa insieme, in un clima gioviale e al contempo familiare. Sono felice anche perchè so che Dio è felice di me. Ed è da questa felicità che partirei per rispondere a chi come me si trova o si è trovato perso tra interrogativi, a cercare di riempire il vuoto esistenziale con tutto meno che con Dio: il consiglio che darei è, prima di tutto, trovare una guida spirituale che possa consigliare, ascoltare e accompagnare in questa scelta; poi lasciarsi rubare il cuore dai giovani, dai ragazzi: penso che il miglior discernimento per uno che si sente chiamato alla vita salesiana sia proprio il cortile, sudando, puzzando, donarsi pienamente ai giovani, soprattutto ai più poveri.
Il terzo consiglio che mi sento di dare è: lasciatevi voler bene da Dio, solo così pian piano potrete innamorarvi di Dio. È un sentimento concreto, che rende felici, davvero: anche se tanti di noi giovani non lo sanno, secondo me sotto sotto, è quella strada, quel sogno che è Dio per ciascuno di noi, che può dare una scossa nella nostra vita. Tante volte mi viene un magone dentro al cuore quando vedo tanti giovani che buttano purtroppo la loro vita in tante cose che non riempiono, come ho fatto io fino a qualche mese fa, seguendo tante altre cose che non mi hanno riempito, ma hanno solo coperto bisogni momentanei. Perchè Dio non è un avversario alla nostra felicità, Dio ama da pazzi noi giovani: bisogna per forza fargli spazio nella propria vita per essere davvero felici.

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La testimonianza: Antonia e l’affido leggero di Ahmed, minore straniero della comunità al San Luigi

Cosa vuol dire Don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Antonia, mamma di tre figli e casalinga torinese, che da settembre ha accolto la proposta di volontariato di “affido leggero” di Ahmed, senegalese di 17 anni, minore straniero residente alla Comunità Minori stranieri non accompagnati dell’Oratorio San Luigi di Torino.

Mi chiamo Antonia, sono mamma e casalinga, vivo a Torino, nel quartiere di San Salvario, vicino alla comunità del San Luigi, dove il martedì vengo per aiutare a preparare il pranzo coi ragazzi della comunità MSNA. Da qualche mese insieme alla mia famiglia seguiamo Ahmed, che invitiamo il sabato e la domenica a passare del tempo da noi in famiglia. Con lui via via si è instaurato un rapporto di fiducia reciproca, abbiamo cominciato a conoscerlo e a farci conoscere, e sempre in famiglia ha passato il giorno di Natale.

Il nostro non è un affido leggero ma è proprio un accompagnamento: siamo più un punto di riferimento per questi ragazzi, con cui speriamo di costruire un ponte fino al raggiungimento dei 18 anni,  quando poi cammineranno da soli. Ci siamo magari per un consiglio, per passare del tempo insieme, affinché non si sentano mai da soli.  Per tenerli per mano sperando di avere trasmesso loro i valori più importanti, aiutandoli ad integrarsi nella nostra comunità. Con Don Mauro, che è tutore dei minori stranieri della comunità, vorremmo costituire un gruppo di famiglie per elaborare un percorso di accompagnamento per i ragazzi che raggiunta la maggiore età, vivranno l’Housing Sociale, nei locali della canonica di via Saluzzo 25 bis, proprio per evitare di immetterli subito nella vita da adulti.

Perché non si diventa grandi dall’oggi al domani, in un batter d’occhio a 18 anni, età in cui si è ancora fragili e più soggetti a innumerevoli rischi e pericoli se manca una guida. Per questo abbiamo bisogno di altre famiglie che accolgano questa proposta: perché se uno è genitore, è genitore anche degli altri. Nel cuore di una mamma c’è spazio per tutti.

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Mario Bobic e l’esperienza pastorale in San Salvario: “i salesiani esistono per dare la possibilità di rispondere al progetto di Dio”

Cosa vuol dire Don Bosco in San Salvario? Ecco la testimonianza di Mario Bobic, 35 anni, croato, laurea ingegneria meccanica, già diacono della congregazione salesiana che il prossimo 23 giugno sarà ordinato sacerdote nella Cattedrale di San Vito, a Fiume, in Croazia. In questo video racconta l’esperienza pastorale salesiana nel quartiere di San Salvario, a Torino, dove ha trascorso gli ultimi 2 anni di formazione tra l’Oratorio San Luigi dove ha prestato servizio, la Movida Spirituale in Largo Saluzzo e gli studi teologici alla Università Pontificia Salesiana – Crocetta previsti dal percorso formativo salesiano.

La prima volta che ho sentito la voce di Dio avevo 12 anni, frequentavo le medie, facevo il chierichetto, non badavo tanto a questo sentimento. Ho sempre però cercato di mantenere la vocazione donando la mia vita agli altri. Prima di diventare salesiano, mi sono laureato in ingegneria meccanica, la mia vocazione è così potuta maturare piano piano. Essendo poi figlio unico, diventa più difficile, i familiari e le loro aspettative sul futuro dei figli, si sa, per cui la risposta alla vocazione ha tardato ad arrivare. Fortuna che accanto a me ho avuto sempre ottime e valide guide spirituali che mi hanno accompagnato nel mio cammino di ricerca.
Sono stato tanti anni fidanzato con una ragazza ed è proprio questo sentimento che mi ha portato ad accettare la mia vocazione, perché ho scoperto cosa significa veramente amare qualcuno e donare la vita a e per qualcuno. Perché prima di chiederti cosa vuoi davvero essere, fare, è importante, più di tutto, comprendere e sentire che sei amato da qualcuno.  Proprio da questa esperienza di amore incondizionato mi sono deciso a donare la mia vita incondizionatamente per gli altri. La molla che mi ha portato a conoscere più da vicino il mondo salesiano è stata l’esperienza di dolore che ha vissuto un mio compagno delle superiori che durante la guerra ha perso il papà, per aiutare i fratellini più piccoli ha dovuto lasciare la scuola ed è andato a lavorare.
E lì mi sono posto questa domanda:  “com’è possibile che un ragazzo a cui Dio ha dato certi doni, che ha un talento, non può usarlo, svilupparlo?”. Adesso lavora, è sposato, ha due figli, ma in quel momento è stata dura per lui perdere il padre, interrompere gli studi per andare a lavorare. Dopo ho incontrato nella mia vita i salesiani: ad un direttore della casa salesiana ho chiesto una volta: “ma perché esiste l’ordine dei salesiani?” E lui: “i salesiani esistono nel mondo per dare la possibilità a tutti di rispondere al progetto di Dio”. Ecco, per questo mi sono fatto salesiano.
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La testimonianza: Giusto Signoretti e l’esperienza di didattica della lingua italiana agli stranieri

Cosa vuol dire Don Bosco a San Salvario? Ecco le testimonianza di Giusto Signoretti, ex docente di lettere e religione, oggi in pensione, che all’Oratorio salesiano San Luigi di Torino ha tenuto il corso di lingua italiana per i minori stranieri, all’interno delle attività di volontariato che è possibile attivare nella struttura salesiana:

Sono un ex insegnante in pensione con 39 anni di docenza alle spalle e con una lunga esperienza di attività come volontario negli oratori e ai corsi serali della zona. Per questo motivo non ho incontrato molte difficoltà nell’insegnamento della lingua italiana agli stranieri della comunità, nemmeno coi ragazzi più piccoli, sia essi marocchini, albanesi, rumeni. Sono arrivato al San Luigi grazie ad un amico che mi ha detto che mancavano docenti per insegnare italiano. Così, per riconoscenza e amicizia, ho accettato immediatamente, senza troppi ripensamenti.

La mia famiglia ha avuto la fortuna di entrare in contatto diretto con Don Bosco: il fratello di mio nonno era salesiano, il padre di mio nonno aveva invece una cava di pietra e grazie a questa ha potuto procurare a Don Bosco un bel po’ di materiale per la costruzione della Basilica di Maria Ausiliatrice di Valdocco. Per riconoscenza Don Bosco offri la possibilità di studiare ai suoi figli, mio nonno colse subito l’occasione, permettendo a tutti i miei zii una buona istruzione dai salesiani.

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La testimonianza: Krasniqi e Serena raccontano l’esperienza di postulandato all’Oratorio San Luigi

Cosa vuol dire Don Bosco a San Salvario? Ecco la testimonianza di Krasniqi Drita, 34 anni, kosovara, e di Serena La Bianca, 27 anni, siciliana, entrambe postulanti che hanno chiesto di essere ammessi all’ordine delle Figlie di Maria Ausiliatrice – Salesiane di Don Bosco e sono in attesa di intraprendere il percorso di noviziato. All’Oratorio San Luigi di Torino hanno avuto l’opportunità di vivere la vita salesiana in un ambiente multiculturale, prestando servizio nelle attività di volontariato come il doposcuola, il piedibus e il catechismo per i ragazzi.

Come don Bosco nel sogno dei nove anni, vogliamo lasciarci guidare da Maria e, avendo lei come maestra, imparare a fare tutto ciò che il Signore ci chiederà. Naturalmente vogliamo farlo nello spirito di madre Mazzarello, fondatrice del nostro ordine: tanta semplicità e molta allegria.

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