Notizie dalle Parrocchie: “Promossi o bocciati?”. È la domanda da farci, oggi come cristiani.

“Promossi o bocciati?”. È la domanda da farci, oggi, solennità di Cristo Re, come cristiani. Siamo al termine di un anno liturgico, anno strano, segnato dall’incertezza e spesso dalla paura per questo coronavirus che ci ha tenuto compagnia. Ma il Signore
non ci ha abbandonato, è rimasto al nostro fianco, ci ha guidati con le sue parole, in particolare quelle del Vangelo di Matteo. Inviti per vivere in modo autentico il nostro battesimo ne abbiamo avuti molti! Ci ha parlato di talenti da investire e far fruttare; di olio da mettere nelle nostre lampade; di essere terreno buono che accoglie e fa crescere la sua parola. Ci ha parlato di Lui, del suo agire, del suo modo di farsi prossimo, del suo stile di amare, fino a dare la vita per le persone amate.
E oggi al termine di quest’anno, mentre festeggiamo il nostro Re-servo, ringraziandolo per averci accompagnato nel cammino di fede, come alla fine di un anno scolastico, siamo chiamati a tirare le somme. Infatti la pagina del Vangelo è un discorso che suona molto da bilancio consuntivo, come da fine anno. E non solamente di un anno con lui, ma di una vita con lui, da cui emerge la domanda: “Promossi o bocciati come cristiani davanti a Dio e davanti ai fratelli ?”. L’esito dipende da noi! Non possiamo dire, come
spesso fanno gli allievi: la colpa è degli insegnanti, della scuola… La colpa è di chi non si è applicato tutto l’anno, o di chi si è accontentato del minimo sindacale. E così la colpa non è di Dio! Non è lui che esclude dal suo regno, non è lui che caccia fuori da casa chi vi entra indegnamente. Certo, è lui che “separerà le capre dalle pecore”, ma che tu sia capra o pecora, che tu sia un pesce buono o un pesce cattivo finito nella rete del pescatore, che tu sia zizzania o grano buono, quello dipende solo da te, dalle tue opere. Cioè, da quanto hai amato Dio e i fratelli. “Alla sera della vita, ciò che conta è aver amato”, diceva già nel XVI sec. san Giovanni della Croce. Il Vangelo, ancora una volta, ci offre la ricetta dell’Amore autentico, e la ripete sia ai “benedetti dal Padre mio” che ai “maledetti”. Ed è autentico se diventa vita. Se la sua Parola, che abbiamo ascoltato, si sarà trasformata in pane per chi aveva fame, in acqua per chi aveva sete, in accoglienza per chi era straniero, in vestiti per chi era nudo, in conforto a chi era malato, in visite a chi era carcerato.
E’ invito ad amare con i fatti. Ancora una volta l’invito non è “non fare il male”, questo è scontato, è ovvio!, ma “fare il bene!”. Non basta, quindi, giustificarsi dicendo “io non ho mai fatto del male a nessuno”. Perché si fa del male anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra, con il non impegnarsi, con l’essere indifferenti.
Facciamo diventare concreto questo amore. Iniziamo dalle nostre case, iniziamo da chi ci vive accanto. In famiglia accogliendoci, servendoci, rispettandoci, perdonandoci. Con
gli altri soprattutto i più deboli, fragili, poveri: una visita ad un malato, una telefonata ad una persona sola, un piccolo servizio al vicino di casa, un’ attenzione al povero. Di occasioni ne abbiamo tante. Anche i piccoli gesti sono importanti. Promossi o bocciati, come cristiani? Forse ci sentiamo un po’ tutti rimandati “a settembre”?

don Claudio

 

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?. E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?. Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».