Lunedì 7 maggio, ore 11.30. Entro per la prima volta all’Oratorio San Luigi di Via Ormea, 4. Chiedo di Giulia e una ragazza mi risponde: “Quale Giulia? Ce ne sono tante qui!”. Comincia così la mia esperienza di una settimana presso l’opera salesiana nel quartiere di San Salvario. Pochi minuti dopo sono già nel centro per minori stranieri non accompagnati (MSNA), accolto dall’educatrice Noemi. Sono stato inviato “in avanscoperta” come membro dell’équipe della Casa Don Bosco di Genova Sampierdarena, dove a settembre aprirà una comunità per 18 MSNA. L’obiettivo della mia visita è quello di imparare dall’esperienza più che decennale con minori stranieri da parte dei Salesiani di Torino. A pranzo conosco la maggior parte dei 15 giovani che vivono al San Luigi, provenienti da Albania, Marocco, Egitto, Senegal, Gambia e Pakistan. Tante strette di mano seguite da nomi difficili da ricordare, anche se da subito faccio del mio meglio per memorizzarli.
Dopo aver mangiato Noemi comincia a rispondere alle mie innumerevoli domande riguardanti l’organizzazione e la gestione del centro per minori stranieri non accompagnati. La nostra lunga conversazione è interrotta da Hassan e Eljon, due ragazzi albanesi, che mi chiedono di andare con loro al Parco Valentino per le attività pomeridiane. Li seguo nel breve tragitto a piedi, rinfrescando le ormai arrugginite conoscenze di albanese, lingua imparata durante il Servizio Civile che ho svolto con i Salesiani in Kosovo nel lontano 2005/06. Arriviamo nella zona occupata dal container e dai gazebo di “Spazio anch’io”, avviato nel 2006 per offrire un luogo sicuro ai margini del parco dove giorno e notte si alternano numerosi spacciatori. Marco, coordinatore e memoria storica del progetto, ne illustra le finalità: offrire lezioni di italiano e opportunità di giocare (a calcetto, ping-pong, ecc) a chiunque venga in questo spazio, giovani e meno giovani, italiani e stranieri. Allo stesso tempo è un luogo di ascolto delle loro storie personali e di consulenza in ambito lavorativo, sociale, legale.
Nel tardo pomeriggio torno al San Luigi e conosco l’altro educatore, Demetrio. Entro anche con lui subito in sintonia e le ore passano veloci. Dopo cena rivedo il responsabile del centro, Don Mauro, conosciuto nel 2015 a Casa Don Bosco all’EXPO di Milano. Mi accompagna al Sacro Cuore di Maria di Via Campana, dove ricevo una stanza. Mi addormento subito, stanco e felice al termine di una prima bellissima e intensa giornata. Per tutta la settimana accompagno i ragazzi nei vari momenti della loro vita quotidiana: pasti, studio dell’italiano, giochi all’oratorio e al Valentino, riunione per definire le regole comunitarie durante il ramadan, ecc. Gli educatori rispondono a ogni mia domanda con molta pazienza, alternando momenti teorici ad altri molto pratici durante i quali osservo le loro strategie di gestione delle inevitabili gioie e dolori della vita in comunità. Le regole costituiscono una base fondamentale, ma altrettanto importanti sono la flessibilità e la capacità di ascolto dei problemi dei ragazzi, per permettere un loro sviluppo olistico. Alla fine del lungo corridoio della struttura l’immagine di Don Bosco è un elemento fondamentale, che rimanda alle mie esperienze, per lavoro e per volontariato, in decine di case salesiane sparse per il mondo, dal Brasile all’India, dall’Albania al Sudafrica.
Nei vari continenti, in paesi diversissimi tra loro, i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice portano avanti l’opera del grande santo, offrendo a tanti giovani casa, scuola, oratorio e accompagnamento spirituale. Sono contento che anche i laici come me possano far parte, in vari ruoli, di questa grande famiglia e mi accorgo di essere in ottima compagnia: tutti gli educatori, le animatrici, i volontari e le volontarie si sentono ispirate da Don Bosco. Non è solo un lavoro, è anche un servizio per il prossimo. Per questa ragione si affrontano con forte motivazione le tante sfide che settori così delicati come quelli dell’accoglienza e dell’integrazione inevitabilmente comportano. I giorni trascorrono sempre più velocemente e nel fine settimana conosco alcuni chierici salesiani che completano la squadra della comunità, concedendo il meritato riposo agli educatori. Lunedì 14 maggio dopo pranzo lascio il San Luigi. Il luogo sconosciuto dove sono entrato una settimana fa è diventato la mia casa, i suoi abitanti sono miei amici.
Il miracolo è avvenuto anche questa volta: la gentilezza, l’amorevolezza e il carisma salesiano mi portano ad affermare senza ombra di dubbio che “Dove c’è Don Bosco c’è casa!”. Grazie di cuore per questi fantastici giorni trascorsi insieme e arrivederci, a Torino o a Genova!