Notizie dalle Parrocchie: Digiuno per andare all’essenziale.

Digiuno per andare all’essenziale.

Il digiuno, che deve caratterizzare, insieme alla preghiera e all’elemosina, il cammino quaresimale, scrive un autore,  è «un grido di libertà che ci affranca da tutto quanto ci lega a noi stessi e alle nostre passioni». Guai, quindi, a ridurlo a un peso oneroso o a un semplice esercizio estetico assimilabile a qualche dieta sempre più in voga.  Inoltre, non meno significativo, preparare una grande festa con il digiuno è un modo per sottolinearne l’importanza. E la Pasqua è la festa più importante per un cristiano.

La tradizione distingue fra digiuno e astinenza, anche se le due tipologie vanno osservate assieme il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Il digiuno si riferisce principalmente alla quantità di cibo, mentre l’astinenza guarda a ciò che si mangia. Quando si compie il digiuno è possibile fare un solo pasto completo, mentre gli altri saranno “leggeri” in base alle consuetudini. L’astinenza, invece, che è tipica dei venerdì di Quaresima, ma non solo, esclude il consumo di carne, un alimento che può essere sostituito da altri cibi come le verdure o il pesce. Certo, questa legge va sempre osservata senza mettere a rischio la salute delle persone.

Il digiuno ha precise radici bibliche. Nell’Antico Testamento esso rappresenta un richiamo a farsi umili davanti a Dio e rimanda alla totale dipendenza dal Signore, riconoscendo nel cibo, che mantiene l’uomo in vita, un dono dell’Altissimo. Tutto questo rimane valido nel Nuovo Testamento ma, di fronte al pericolo di una certa ostentazione, Gesù raccomanda maggiore discrezione nel modo di fare digiuno, senza mostrare evidenti indizi esterni. In questo contesto rientrano anche le ceneri che esortano alla penitenza. Il digiuno, poi, va a braccetto con l’elemosina e la preghiera, gli altri due “segni” della Quaresima, perché la rinuncia non è fine a se stessa e nemmeno una “prova” di mero dominio personale, come potrebbe essere per un atleta. Se desideriamo essere liberi da quanto ci opprime, è sempre per tornare a Dio, per vivere la carità con tutto il cuore e con tutta l’anima e per amare il prossimo come se stessi.

Ecco perché il digiunare non è solo rinunciare al cibo.  Dal momento che intendiamo il digiuno come uno sforzo che ci aiuta a spezzare le catene del peccato, ci possono essere molti modi per compiere questa pratica oltre a quelli che la tradizione ci offre. Così, tanto per dare un suggerimento, possiamo digiunare da alcuni mezzi della comunicazione sociale, a cominciare dall’uso smodato del cellulare. Tutto ciò consente di aprici a Dio e agli altri dedicando anche più spazio alla preghiera e di giungere davvero rinnovati ad accogliere il Risorto.

Guardiamo le nostre vite: quante cose inutili ci circondano! Inseguiamo mille cose che paiono necessarie e in realtà non lo sono. Quanto ci farebbe bene liberarci di tante realtà superflue, per riscoprire quel che conta, per ritrovare i volti di chi ci sta accanto! Digiunare è saper rinunciare alle cose vane, al superfluo, per andare all’essenziale. E’ cercare la bellezza di una vita più semplice.

 

Digiuna dal giudicare gli altri:

scopri Cristo che vive in loro.
Digiuna dal dire parole che feriscono:

riempiti di frasi che risanano.
Digiuna dall’essere scontento:

riempiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature:

riempiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo:

riempiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili:

riempiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti:

riempiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze:

riempiti di una preghiera incessante.
Digiuna dall’amarezza:

riempiti di perdono.
Digiuna dal dare importanza a te stesso: riempiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall’ansia per le tue cose: compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento: riempiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù: riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.

Don Claudio

 

Dal vangelo secondo Gv (2,13-25)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: ”Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: ”Lo zelo per la tua casa mi divorerà”.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: ”Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: ”Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: ”Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Via Crucis

Tutti i venerdì di quaresima (rispettando tutte le precauzioni
previste dalla normativa vigente anti-covid
)

  • PARROCCHIA SANTI PIETRO E PAOLO – ore 18.00
  • PARROCCHIA SACRO CUORE DI MARIA – ore 17.30
  • CHIESA SAN GIOVANNI EVANGELISTA – ore 17.15

Corso in Preparazione al Matrimonio

Venendo incontro ad alcune richieste

vogliamo ripartire con un nuovo Corso in Preparazione al Matrimonio.

Chi fosse interessato a partecipare anche in preparazione ad un futuro prossimo, remoto o ipotizzato matrimonio, chiediamo di farlo presente per organizzarlo al meglio.

(chiedere al Parroco [3384908977] o in segreteria [0116505176])

Notizie dalle Parrocchie: Elemosina, per imparare ad amare come ama Dio.

 

Elemosina, per imparare ad amare come ama Dio.

L’elemosina, con la preghiera e il digiuno, è l’invito forte che ci giunge all’inizio di ogni quaresima, in quanto pilastri di una vita autenticamente cristiana secondo le parole di Gesù (Mt 6,1-18).

L’elemosina non è la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza interessarsi di lei, ma è “un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto” (papa Francesco).

Infatti, il termine “elemosina”, deriva dal greco e significa proprio “misericordia”, “avere compassione”, che nasce e ha il suo modello nella misericordia di Dio per noi. Un Dio che ci ama profondamente, che si strugge per noi, che sta in pensiero per te, che ti vuol bene più di una madre.

Dice infatti il Signore: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse la donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). E’ Dio allora il grande Elemosinatore e lo è con ciascuno di noi. Ecco perché per il cristiano l’elemosina più che un compito è un dovere, che assume il significato di restituzione di quanto il Signore ci ha donato.

Da qui il richiamo continuo che troviamo nella Bibbia. Nell’Antico Testamento Dio esige un’attenzione particolare per i poveri che, di volta in volta, sono i nullatenenti, gli stranieri, gli orfani e le vedove. Insieme all’obbligo di ricordarsi di loro, viene data anche un’indicazione preziosa: «Dai generosamente e, mentre doni, il tuo cuore non si rattristi» (Dt 15,10). Ciò significa che la carità richiede, anzitutto, un atteggiamento di gioia interiore. Offrire misericordia non può essere un peso o una noia da cui liberarci in fretta. Bello l’episodio del vecchio Tobia che, dopo aver ricevuto una grande somma di denaro, chiamò suo figlio e lo istruì con queste parole: «A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina. […] Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo» (Tb 4,7-8). Sono parole che aiutano a capire il valore dell’elemosina.

Gesù, poi, ci ha lasciato un insegnamento insostituibile al riguardo. Ci chiede di non fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità, “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra,  perché la tua elemosina resti nel segreto”. Non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto.

Non dobbiamo identificare, quindi, l’elemosina con la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare l’altro, tacitando così la coscienza. L’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto. Pertanto l’elemosina non è legata soltanto al denaro ma anche ad altri beni più importanti per dignità e per fine. Per esempio puoi fare  elemosina del tuo tempo. Fare elemosina delle tue competenze. Fare elemosina dei doni che Dio ti ha dato. Soprattutto puoi fare elemosina della “tua” fede. Restituendo a Dio e ai fratelli quanto hai ricevuto dal grande e appassionato Elemosinatore, “e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Facendo elemosina impariamo ad amare come Dio ama.

Facciamo nostre allora le parole dell’apostolo Paolo: «In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: ‘Si è più beati nel dare che nel ricevere!’» (At 20,35; cfr 2 Cor 9,7)”.

Don Claudio

 

Dal vangelo secondo Mc (9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù:”Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: ”Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Via Crucis

Tutti i venerdì di quaresima (rispettando tutte le precauzioni
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Notizie dalle Parrocchie: “Orazione sul popolo”: via e forza per vivere quanto celebrato

“Orazione sul popolo”: via e forza per vivere quanto celebrato.

Una delle novità del nuovo Messale, che spicca in particolare in questo tempo quaresimale, è la cosiddetta “orazione sul popolo”. Non è una novità assoluta, era già presente nei Messali precedenti al 1970 e si rivela come un fattore positivo in vista di una maggiore comprensione del tempo liturgico della quaresima.

Questa orazione si aggiunge alle tre orazioni sacerdotali presenti nella messa (“Colletta”, che introduce le letture, “Sulle offerte” e “Dopo la comunione”). Ma con una sua peculiarità. Le prime tre , infatti, presentano una caratteristica strutturale comune: la domanda è formulata a nome della comunità intera, compreso il celebrante che recita la preghiera. Essendo l’orazione formulata nella prima persona plurale, il celebrante non si separa da coloro per i quali chiede il soccorso divino, ma vi è implicato come presidente dell’assemblea.

Infatti, mentre le prime tre orazioni sono recitate dal sacerdote a braccia aperte, quasi a voler raccogliere tutte le preghiere dei fedeli in un’unica preghiera, quest’ultima è recitata dal sacerdote con le mani distese durante la preghiera, con un chiaro significato di epiclesi, cioè di invocazione dello Spirito. Cioè di benedizione, affinché il Signore illumini, sostenga e aiuti chi la riceve.

L’oggetto della preghiera si estende a tutta la gamma di beni di ordine sia temporale sia spirituale, necessari per condurre una vita autenticamente cristiana: purificazione dell’anima, remissione delle colpe, rinuncia al peccato, esercizio delle buone opere, pratica delle virtù, progresso nella vita spirituale, perseveranza finale. Infine, l’orazione sul popolo chiede l’intervento divino sul popolo che si prepara alle feste pasquali e che la sua efficacia raggiunga il vissuto quotidiano del credente. Infatti la quaresima è tempo di lotta spirituale più intensa, che ha bisogno di maggiori benedizioni da parte di Dio.

Ma queste orazioni ricordano anche a noi sacerdoti che non abbiamo diritto  di «togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa». Infatti  come avverte la Conferenza Episcopale la «superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura» non solo «pregiudica la verità della celebrazione ma arreca anche una ferita alla comunione ecclesiale». Il sacerdote non parla a nome proprio, ma a nome della Chiesa, a nome del Signore.

Don Claudio

 

L’“orazione sul popolo” si presenta, invece, come una preghiera che il sacerdote rivolge a Dio per l’assemblea, della quale egli non si considera esplicitamente come membro. Collocato al di sopra della comunità sulla quale implora l’aiuto di Dio, egli appare come l’intermediario, il mediatore tra Dio e i fedeli, formulando la preghiera nella seconda persona plurale. Lo scopo dell’orazione, quindi, è quello di richiedere la benedizione divina sull’assemblea.

Dal vangelo secondo Mc (1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Via Crucis

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Preghiera Giovani

Tutte le domeniche sera (ore 21.00)

Presso Istituto San Giovanni Evangelista – Via Madama Cristina,1

Per prepararsi affidandosi e accompagnati dal Signore alla Pasqua.

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Catechismo

E’ ripreso, rispettando tutte le normative anti-covid,

il cammino di catechesi per tutte le fasce di età.

Vivremo ancora due momenti celebrativi delle Ceneri per i bambini dei primi due anni (lunedì 22/2 e martedì 23/2).

Per tutti i gruppi si alterneranno momenti insieme in chiesa e momenti in gruppo all’Oratorio SSPP o on-line).

I vari calendari sono comunicati ai singoli gruppi per fascia di età!

Notizie dalle Parrocchie: Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità.

Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità.

Vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione dei nostri beni”. E’ l’invito che papa Francesco rivolge nel messaggio per la Quaresima di quest’anno, che ha per tema “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…” (Mt 20,18).

Il cammino quaresimale, ci ricorda il papa, è tempo di conversione nel quale “rinnoviamo la nostra fede, attingiamo l’acqua viva’ della speranza e riceviamo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo”. “Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza viva e una carità operosa”.

La fede che si rinnova “ci chiama ad accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti i nostri fratelli e sorelle. In questo tempo di Quaresima, accogliere e vivere la Verità manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla Parola di Dio, che ci viene trasmessa, di generazione in generazione, dalla Chiesa”. Significa allora rimettere al centro il Vangelo, la Bibbia.

Il digiuno, allora, “vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio” e digiunare “vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore”.

La speranza, poi, “‘acqua viva’ che ci consente di continuare il nostro cammino” vissuta con Gesù e grazie a Gesù, “vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre”. Anche nell’attuale contesto di preoccupazione “il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata”. E il perdono di Dio, ricevuto nella confessione, “anche attraverso le nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità. Nella Quaresima, stiamo più attenti a dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano”.

La carità, “vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza. La carità si rallegra nel veder crescere l’altro. Ecco perché soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno… La carità è lo slancio del cuore che ci fa uscire da noi stessi e che genera il vincolo della condivisione e della comunione”, è “dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello. Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità”.

Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio”.

L’appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, conclude il papa, “ci aiuti a rivisitare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre”.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Mc (1,40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Notizie dalle Parrocchie: Giornata mondiale del malato.

Giornata mondiale del malato.

L’11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebra la XXIX Giornata Mondiale del Malato. È l’appuntamento annuale propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono. Quest’anno il pensiero va in particolare a quanti patiscono gli effetti della pandemia da Covid-19 che, con la sua carica dirompente e devastante, ha spazzato via molte nostre certezze, anche sul significato autentico e profondo della vita e della morte. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa.  Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. L’emergenza ha imposto delle regole, anche molto restrittive, per tutelare il bene primario della salute collettiva. Spesso ha allontanato i malati dai propri cari e da figure di prossimità, con la conseguenza che  medici, infermieri, operatori sanitari, penso ai molti appartenenti alla nostra comunità, sono stati coinvolti in un duplice ruolo, quello cioè di esercitare la propria professione, ma anche di assistere e confortare oltre il proprio compito, per colmare il vuoto degli affetti lontani. Tutto ciò è stato fatto con dedizione e nell’anonimato. Il loro atteggiamento, senza richiamare epiteti quali eroi o angeli, è sicuramente stato esemplare, anche nelle difficoltà. A loro, il mio e il vostro grazie.

La pandemia, pure nella sua tragicità, ha fatto vibrare le corde più profonde della solidarietà, della fratellanza e dell’umanità.

Curare e prendersi cura sono confluiti in un’unica mission, ribadendo, nella molteplicità dei ruoli e delle competenze, la centralità della persona.

Il tema di questa Giornata si ispira al brano evangelico in cui Gesù critica l’ipocrisia di coloro che dicono ma non fanno (cfr Mt 23,1-12). Quando si riduce la fede a sterili esercizi verbali, senza coinvolgersi nella storia e nelle necessità dell’altro, allora viene meno la coerenza tra il credo professato e il vissuto reale. Il rischio è grave; per questo Gesù usa espressioni forti, per mettere in guardia dal pericolo di scivolare nell’idolatria di sé stessi, e afferma: «Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» . La critica che Gesù rivolge a coloro che «dicono e non fanno»  è salutare sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell’ipocrisia, un male molto grave, che produce l’effetto di impedirci di fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale. Davanti alla condizione di bisogno del fratello e della sorella, Gesù offre un modello di comportamento del tutto opposto all’ipocrisia. Propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio (cfr Lc 10,30-35)”. (Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Malato)

Da qui l’invito a ripartire da alcune espressioni e atteggiamenti che, quotidianamente, incrociano la nostra testimonianza e che, come cristiani, siamo chiamati ad esprimere attraverso un vissuto credibile. In particolare:

  • l’“Esserci” e lo “Stare” con la persona malata o sofferente;
  • l’ascolto silenzioso (non ci sono mai risposte “accettabili” di fronte a tanto dolore);
  • la speranza come atteggiamento di fiducia, emersa grazie ai gesti di presenza e vicinanza, le forme sono molteplici e ognuno di noi può esserne protagonista.

È in questi atteggiamenti che costruiamo la Chiesa samaritana capace di carità, solidarietà e consolazione, ed è lì che Dio si manifesta e si fa riconoscere.  

Carissimi, il comandamento dell’amore, che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, trova una concreta realizzazione proprio e soprattutto nella relazione con i malati. Una società è tanto più umana quanto più sa prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo con efficienza animata da amore fraterno. Tendiamo a questa meta e facciamo in modo che nessuno resti da solo, che nessuno si senta escluso e abbandonato.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Mc (1,29-39)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Preghiera per la XXIX Giornata Mondiale del Malato

«Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8) – 11 febbraio

Padre santo, noi siamo tuoi figli e tutti fratelli.

Conosciamo il tuo amore per ciascuno di noi

e per tutta l’umanità.

Aiutaci a rimanere nella tua luce

per crescere nell’amore vicendevole,

e a farci prossimi di chi soffre nel corpo e nello spirito.

Gesù figlio amato, vero uomo e vero Dio,

Tu sei il nostro unico Maestro.

Insegnaci a camminare nella speranza.

Donaci anche nella malattia di imparare da Te

ad accogliere le fragilità della vita.

Concedi pace alle nostre paure

e conforto alle nostre sofferenze.

Spirito consolatore,

i tuoi frutti sono pace, mitezza e benevolenza.

Dona sollievo all’umanità

afflitta dalla pandemia e da ogni malattia.

Cura con il Tuo amore le relazioni ferite,

donaci il perdono reciproco, converti i nostri cuori

affinché sappiamo prenderci cura gli uni degli altri.

Maria, testimone della speranza presso la croce,

prega per noi.

Notizie dalle Parrocchie: Sognare con don Bosco

Sognare con don Bosco.

Uno dei video utilizzati per raccontare don Bosco, che festeggiamo questa domenica, è un filmato dal titolo: “Giovanni, il ragazzo del sogno”.  Definisce bene don Bosco, un uomo che fin da ragazzo aveva un sogno. In particolare un sogno fatto a nove anni che lo accompagnerà per tutta la vita. Lui stesso scrive, all’inizio delle Memorie dell’Oratorio in cui racconta l’inizio della sua opera: “tuttavia non mi fu mai possibile togliermi quel sogno dalla mente“. Era il capitale più prezioso che aveva, un sogno, un sogno da realizzare, e per questo ha speso tutte le sue energie.

E oggi lo direbbe anche a noi (personalmente, ma anche come comunità): “Realizza il tuo sogno!”. Cioè: “Vuoi una vita qualunque o vuoi cambiare il mondo?”. Domanda da porsi ogni giorno: “oggi mi accontento o voglio realizzare qualcosa di grande?”. Perché avere un sogno significa dare un senso, una direzione, alla propria vita; significa non accontentarsi; significa chiedersi :”cosa è realmente importante per me?”

E don Bosco si è dato una risposta: “trasformare quei lupi del sogno (ragazzi che si picchiavano, bestemmiavano) in agnelli”. E’ diventata convinzione. I giovani, scrive infatti, “su cui si fondano le speranze di un felice avvenire, hanno veramente bisogno di una mano benefica, che si prenda cura di loro, li coltivi, li guidi”, di qualcuno che li aiuti a diventare “buoni cristiani ed onesti cittadini”. Era quasi un ritornello per lui. Ecco perché quel sogno è diventato missione, un magnifico compito da portare a termine.

E chi ha un sogno non butta via niente. Fin da piccolo, don Bosco è una “spugna”che assorbe e impara da tutti: il latino dal vecchio parroco, i giochi di prestigio dai giocolieri delle fiere, ripete pronomi e verbi mentre zappa, impara la musica, a cucire e confezionare giubbotti, pantaloni e panciotti da un sarto, la santità dall’amico Comollo, impara a confezionare dolci e liquori.

Inoltre chi ha un sogno grande non lo può tenere per sé. E don Bosco fa così.  Lo racconta! Lo condivide.  Comunica le sue idee con tale forza da convincere ragazzi e investitori a sostenere la sua visione e accompagnarlo nel viaggio.

E lo dice anche a noi: “Se non avete un sogno, che ci fate qui?”.

Nel sogno di don Bosco Gesù e Maria lo prendono per mano. Lui non lascerà mai quelle mani. Si affiderà a Maria, avrà una fede incrollabile nel Signore. Diventano la sua forza, la sua energia, anche davanti alle difficoltà che sembrano insormontabili.

Ecco perché senza tanti fronzoli, senza mistiche e cervellotiche evoluzioni, nella semplicità del quotidiano don Bosco viveva in compagnia di Dio e di Maria.

E oggi lo dice anche a noi, anche in questo momento tragico della pandemia, continuate a sognare e a confidare nel Signore e affidarvi a Maria. Perché, se il Signore e Maria lo vorranno, il vostro sogno si realizzerà, anche oggi, anche qui a San Salvario!

Da qui nasce il suo ottimismo, la sua forza.

Allora forza, ripeterebbe, realizzate il vostro sogno, mantenete viva la speranza, anche e soprattutto in questo momento di pandemia, perché come scrive il Rettor Maggiore (superiore di tutti i salesiani) nella Strenna per il 2021 (messaggio augurale e programmatico per l’anno), “Mossi dalla speranza: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5)”, il Signore farà grandi cose per noi a partire anche e specialmente da questo periodo. Ma soprattutto non abbandonate le mani di Gesù e Maria e “siate entusiasti, vivete la vita come una festa e la fede come felicità”.

Infine ripeterebbe anche a noi quello che disse un mese prima della sua morte, raccogliendo le poche forze che aveva, a don Rua e monsignor Cagliero , due dei figli più cari:  “Vogliatevi tutti bene come fratelli; amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli.” Più tardi, con un filo di voce, aggiunse ancora: “Promettetemi di amarvi come fratelli“.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Mt (1,14-20)

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo:

«Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?».

Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.

Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare.

Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

Festa di San Giovanni Bosco domenica 31 gennaio.

Nonostante le precauzioni e le restrizioni, la festa di Don bosco si farà!

I giovani dell’oratorio si sono preparati a festeggiare il santo dei giovani tramite delle sfide (dando vita alla “DB challenge”) per mettere in gioco i propri talenti come ha fatto lui per gli altri.

          Il giorno della festa, domenica 31 gennaio,

sarà evidenziata con una particolare cura delle celebrazioni eucaristiche.

A San Giovannino le Messe di orario (10.30 e 18.00) raccoglieranno i fedeli nella chiesa voluta e costruita proprio da don Bosco; in particolare la Messa delle ore 10.30 sarà animata dagli Universitari che risiedono nel Collegio Universitario. Nella chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Paolo saranno sottolineate in particolare due Ss. Messe: quella delle 10 per le famiglie, e quella delle 11.30 per ragazzi, giovani ed educatori e sarà animata dai giovani e dal nuovo coretto dei bambini.

Ma anche in tutte le altre celebrazione si sottolineerà la festa.

Non si ferma quindi la gioia e l’affetto per il nostro santo, padre, maestro e amico dei giovani.

31 gennaio – Celebrazioni a Maria Ausiliatrice (Valdocco)

Sarà possibile seguire tutte le celebrazioni in diretta grazie all’emittente televisiva Rete 7 (canale 12 del Digitale Terrestre) e sulla Pagina Facebook della Basilica  “Il cortile di Valdocco” .

Per tutte le informazioni visitare il sito:

https://basilicamariaausiliatrice.it/festa-di-san-giovanni-bosco-verso-il-31-gennaio-2021

Inoltre:

ore 10.55 su Rai Uno dalla basilica del Sacro Cuore di Gesù a Roma sarà trasmessa la Celebrazione dell’Eucarestia presieduta dal Rettor Maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime.

Notizie dalle Parrocchie: Catechesi come ritorno all’essenziale

Catechesi come ritorno all’essenziale.

La situazione attuale ha fatto traballare il modo abituale di vivere. Tamponi, mascherine, lockdown, coprifuoco. Giorni di giallo, arancione, rosso. La vita che ci gira intorno è stata totalmente minata dal Covid. Ha tarpato la vita sociale, le relazioni, gli incontri. Anzi, ci sta distruggendo “dentro,” perché ogni piccolo malessere diventa sospetto di Covid.

Ma la pandemia sta mettendo in crisi anche il nostro modo di vivere la fede. Lo stesso celebrare insieme è cambiato. Il numero di persone diminuito, la paura del contagio che fa preferire le celebrazioni attraverso i mezzi di comunicazione di massa piuttosto che quelle in presenza, le norme da osservare e le precauzioni per il distanziamento. Le stesse attenzioni che devono avere i sacerdoti e i vari animatori liturgici. Il rischio è la rassegnazione, lo scoraggiamento.

Lo stesso pericolo si scorge anche negli altri ambiti della vita pastorale. In primis la Catechesi. Il rischio è la rassegnazione e dire: “rinviamo!”. Rinviamo i sacramenti a tempi migliori, rinviamo il catechismo alla fine della pandemia. Aspettiamo e rinviamo. Come se il Signore lo si rinchiudesse in una sala di attesa attendendo di poter riaprire la porta della nostra casa; come se del suo amore, della sua forza, della sua presenza, ne potessimo fare a meno.

Come fare? E’ l’interrogativo che la Chiesa si è posta, è la domanda che anche noi, chiesa di San Salvario, ci siamo posti.

In primo luogo, come cristiani occorre stare in questa incertezza con stile positivo, con speranza. Si è scelta, quindi,  la dinamica del discernimento, per leggere, capire e dare risposte alle sfide del tempo presente. In tutto questo un invito è risuonato forte: “occorre cercare l’essenziale, ripartire dall’essenziale”. Non possiamo più fare le cose che facevamo prima (spesso anche in modo superficiale o come onda lunga in cui tutti ci lasciavamo trascinare), ma dobbiamo veramente riscoprire e mettere alla base quello che è fondante. Anche nel modo di vivere il nostro Battesimo e, soprattutto, nel modo di fare catechesi, per cercare l’essenziale da custodire e da mantenere.

E essenziale è la famiglia, sono i genitori, i nonni. Sono loro i veri protagonisti del catechismo, non il parroco, i catechisti. Troppo spesso il nostro modo abituale di vivere la catechesi  aveva fatto supporre a sacerdoti e catechisti, che fossero loro a dover fare tutto e dare tutto (soprattutto informazioni, nozioni) e, ai genitori, che bastava iscrivere e “portare” a catechismo i propri figli, quando si poteva, per aver risolto tutto e avere in premio, di conseguenza, i sacramenti.
L’attuale situazione ci ha fatto riscoprire il ruolo insostituibile e fondante della famiglia, la fede non si appiccica addosso, anche dai migliori catechisti, ma si vive, si celebra, in primo luogo, in famiglia,  valorizzando quanto già si vive in casa.

Essenziale, quindi, è vivere e celebrare anche in casa quanto la Chiesa vive e celebra insieme come comunità, ad iniziare dall’anno liturgico con i suoi vari momenti.

Si è iniziato invitando le famiglie a vivere insieme il cammino di Avvento. Le famiglie stesse hanno raccontato e vissuto con i figli il tempo dell’attesa, il Natale del Signore come parte viva della loro e nostra vita, costruendo le corone, accendendo quelle candele di fuoco o di colore del  fuoco, allestendo il presepe, cantando per voce di bambino o insieme il significato, la bellezza del  Natale. Segni, gesti, parole, con cui proprio ogni famiglia ha aperto la porta al Signore nelle proprie case, con semplicità, col sapore della quotidianità e dell’eccezionalità dell’evento al tempo stesso.
E a noi, comunità tutta, è stata data testimonianza tracciata attraverso foto, disegni, video e messaggi via whatsapp o e-mail , in  parte raccolti ed esposti nella nostra casa comune, la chiesa.

Adesso siamo chiamati a vivere il tempo ordinario che è iniziato con il battesimo di Gesù, per riscoprire il nostro e sentirci chiamati a camminare con il Signore durante quest’anno.

Tra un mese inizieremo il tempo di Quaresima per sperimentare e accogliere l’offerta di amore che arriva a dare la vita per noi, del Signore Gesù, per riscoprire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, nell’offrire che nel pretendere.

Questo non fa venir meno il bisogno di incontrarci, dello stare insieme, che fonda il nostro essere Chiesa, comunità. Ecco la proposta, per chi desidera, rispettando tutte le norme e scelte e non lasciando indietro nessuno, di riprendere anche gli incontri in presenza.

Abbiamo iniziato questa settimana incontrandoci in chiesa. Ogni giorno un gruppo. La risposta è stata molto bella e rivela bisogno di incontrarsi, di stare insieme, di vivere insieme anche la nostra fede, sentendoci chiesa e comunità anche con chi non ha potuto o scelto di esserci. Per qualcuno forse sono briciole, ma io credo che questo sia quei cinque pani e due pesci di cui  il Signore ha bisogno per compiere il miracolo di sfamare una moltitudine che, oggi, è il nostro essere chiesa, famiglia di famiglie che insieme vivono la loro fede con al centro il Signore, non più solo ospite in un edificio che è la parrocchia, le nostre chiese, ma nelle nostre case, nella nostra comunità, nel vie del nostro quartiere.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Mc (1,14-20)

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Festa di San Giovanni Bosco

 

domenica 31 gennaio.

Abbiamo sottolineato il mese di don Bosco rilanciando alcune attività dedicate ai ragazzi, come il catechismo, il gruppo dei chierichetti e il coretto dei bambini. In un incontro on-line tenutosi la scorsa settimana, salesiani, educatori, allenatori, catechisti e collaboratori hanno riflettuto sul significato di essere comunità educante secondo il carisma del fondatore.

          La solennità di don Bosco, il 31 gennaio, sarà evidenziata con una particolare cura delle celebrazioni eucaristiche.

A San Giovannino le Messe di orario (10.30 e 18.00) raccoglieranno i fedeli nella chiesa voluta e costruita proprio da don Bosco. Nella chiesa parrocchiale di Santi Pietro e Paolo saranno sottolineate in particolare due Ss. Messe: quella delle 10 per le famiglie, e quella delle 11.30 per ragazzi, giovani ed educatori.

Ma anche in tutte le altre celebrazione si sottolineerà la festa.

 

Il 25 gennaio, durante la Novena di don Bosco, don Claudio, a nome di tutta la Comunità di San Salvario, presiederà la S. Messa delle ore 9.00 nella Basilica di Maria Ausiliatrice. E’ possibile, per chi lo desidera, la partecipazione (fate sapere chi fosse interessato). Sarà l’occasione per affidare tutta la nostra comunità all’intercessione e protezione di don Bosco. Sarà possibile seguire la  celebrazione in diretta grazie all’emittente televisiva Rete 7 e sulla Pagina Facebook della Basilica “Il cortile di Valdocco” (lo stesso per tutte le altre celebrazioni del 31 gennaio)

       

31 gennaio – Celebrazioni a Maria Ausiliatrice (Valdocco)

Per tutte le informazioni visitare il sito: https://basilicamariaausiliatrice.it/festa-di-san-giovanni-bosco-verso-il-31-gennaio-2021

24 gennaio – Festa di San Francesco di Sales

Alcuni libri, scritti dal salesiano don Gianni Ghiglione, che possono aiutare a scoprire e approfondire la vita e spiritualità di questo santo ancora così attuale e vicino a noi:

* San Francesco di Sales: breve vita
* Un anno con san Francesco di Sales: 365 pensieri 

* La spiritualità di San Francesco di Sales (vol. I° e vol. II°)
* Don Bosco fu un verso Salesiano? Confronto tra Francesco di Sales e don Bosco

Li potete trovare e/o acquistare in chiesa (o chiedere in sacrestia o in segreteria)

Notizie dalle Parrocchie: Il nuovo Messale. Non soltanto parole o silenzi. A Messa conta anche il corpo.

Il nuovo Messale. Non soltanto parole o silenzi. A Messa conta anche il corpo.

La Messa ha bisogno di «una complessiva e armonica attenzione verso tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo, colori delle vesti liturgiche». E «possiede per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano», spiegano i Vescovi italiani nell’introduzione alla nuova edizione italiana del Messale Romano.

Non solo l’ascolto e le preghiere, ma anche i gesti corporei entrano nei riti. L’Ordinamento generale del Messale Romano (Ogmr), collocato in apertura del volume, precisa che «l’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano». I gesti e gli atteggiamenti da seguire nella Messa sono indicati dal Messale stesso (n. 43 dell’Ogmr).

 

Si sta in piedi dal canto d’ingresso fino alla colletta (preghiera che introduce le letture); si è seduti durante la prima e seconda Lettura e il Salmo responsoriale; si torna in piedi dall’acclamazione al Vangelo all’acclamazione che conclude la proclamazione del Vangelo; l’omelia e il breve silenzio successivo si seguono restando seduti; di nuovo in piedi dall’inizio della professione di fede fino alla conclusione della Preghiera dei fedeli; ci si siede alla presentazione e preparazione dei doni, ma ci si alza per l’incensazione dell’assemblea; se non si usa l’incenso, ci si alza comunque prima dell’orazione sulle offerte (in pratica dopo aver risposto all’invito alla preghiera dicendo «Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio…») fino all’epiclesi sui doni (gesto dell’imposizione delle mani) esclusa; in ginocchio, se possibile, dall’inizio dell’epiclesi che precede il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia fino all’acclamazione «Mistero della fede»; si è di nuovo in piedi fino alla Comunione, dopo la quale si potrà stare in ginocchio o seduti. Ai riti di conclusione si sta in piedi dall’orazione dopo la Comunione sino alla fine della Messa.

Ci aiutino questi atteggiamenti da vivere insieme a rendere più belle e vive le nostre celebrazioni.

Il 16 gennaio è la data della festa della parrocchia del Sacro Cuore di Maria fin dai tempi della sua fondazione, la cui titolazione originaria è Sacro Cuore di Maria rifugio dei  peccatori; un titolo che si ispira alla denominazione di una confraternita dedicata al Santissimo e Immacolato Cuore di Maria per la conversione dei peccatori, nata a Parigi nel 1836 nella chiesa parrocchia di Notre Dame des Victoires, dall’abate e parroco Des Genettes.

Il parroco, dopo alcuni anni di ministero pastoralmente infruttuoso, decise di rinunciare al suo incarico. Mentre però celebrava una delle sue ultime messe, udì una voce che gli ingiungeva di consacrare la sua parrocchia al Sacro e Immacolato Cuore di Maria Rifugio dei peccatori. Il parroco non tardò ad obbedire e il 16 gennaio del 1836 mise in atto tale consacrazione. La parrocchia da quel momento conobbe, inspiegabilmente, un rifiorire di vita cristiana e di conversioni, a cui si accompagnarono guarigioni e fatti miracolosi.

Questi fatti si verificarono in un epoca che conosce la progressiva diffusione a livello popolare, soprattutto in Francia, della devozione al Cuore Immacolato di Maria: diverse nuove Congregazioni religiose vi si richiamano nelle loro denominazioni, sorgono confraternite laicali ad esso titolate, si diffonde la pratica della “consacrazione al Sacro Cuore di Maria”. Tra le tante iniziative connesse alla diffusione di questa devozione vi è anche la costruzione della chiesa al Sacro Cuore di Maria.

Essa fu edificata nel corso dell’ultimo decennio del 1800 su disegno del famoso architetto Carlo Ceppi (progettista di svariate altre chiese ed edifici residenziali, nonché della stazione ferroviaria di Porta Nuova). La dedicazione della nuova chiesa avvenne nel 1900 per mano del card. Agostino Richelmy, arcivescovo di Torino. Essa funzionò per circa un decennio come santuario mariano e chiesa succursale della parrocchia Santi Pietro e Paolo, fino all’ 1 novembre 1910, data in cui venne eretta in parrocchia autonoma.

Dal vangelo secondo Giovanni (1,35-42)

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

RIPRESA del Catechismo

Dopo mesi, dopo anche l’esperienza del cammino di Avvento fatto in lontananza, desideriamo ripartire con la Catechesi anche in presenza, pur nel rispetto di tutte le normative. Ripartiamo con un primo incontro tutti insieme per anno di catechismo, sarà anche occasione per suddividere i gruppi. In quell’occasione presenteremo l’ipotesi di cammino.

  • 1° anno di catechismo (2° elem.) – Lunedì 18 gennaio
  • 2° anno di catechismo (3° elem.) – Martedì 19 gennaio
  • 3° anno di catechismo (4° elem.) – Mercoledì 19 gennaio
  • 4° anno di catechismo (5° elem.) – Giovedì 20 gennaio
  • 5° anno di catechismo (1° media) – Venerdì 21 gennaio

Gli incontri si svolgeranno nella Chiesa SS. Pietro e Paolo Ap. (L.go Saluzzo), orario: 17.15 – 18.00 

Salvo cambiamenti nelle normative legati ai vari DPCM

 

RIPRESA delle messe feriali al Sacro Cuore di Maria

Da Martedì 19 gennaio riprendono le Messe feriali al Sacro Cuore di Maria Martedì e Giovedì alle ore 18.30

Notizie dalle Parrocchie: “Riscoprire e vivere il Battesimo” – BATTESIMO DEL SIGNORE

Riscoprire e vivere il Battesimo

La festa del Battesimo di Gesù è l’occasione annuale per riflettere sul nostro battesimo.  Infatti il battesimo di Gesù al Giordano richiama il Battesimo sacramento proprio per questa discesa dello Spirito Santo, che discende su Gesù in forma di colomba, come discende e impregna ciascuno di noi nel sacro rito dell’immersione nell’acqua battesimale.

Molti pensano, anche cristiani, che il battesimo sia un entrare a far parte di una realtà umana – la Chiesa – di cui forse non si condividono tutte le posizioni; riducendolo così solo nella sua dimensione orizzontale. Di qui, davanti soprattutto a scandali o prese di posizione non condivise, tante crisi e abbandoni e oggigiorno perfino richieste di cancellare il proprio nome dal registro dei battesimi. Ma il battesimo è infinitamente di più. È entrare in una relazione stabile con Dio Padre come figli, con Gesù come membra del suo corpo, con lo Spirito Santo come suo tempio. Il bambino viene battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, non nel nome del Papa, dei vescovi e dei sacerdoti!

Ritornare alla sorgente della vita cristiana, allora, ci porta a comprendere meglio il dono ricevuto nel giorno del nostro Battesimo e a rinnovare l’impegno di corrispondervi nella condizione in cui oggi ci troviamo, ecco perché è un impegno sempre da riscoprire. E’ l’invito di papa Francesco, che ha ricordato che “la vita cristiana infatti è intessuta di una serie di chiamate e di risposte: Dio continua a pronunciare il nostro nome nel corso degli anni, facendo risuonare in mille modi la sua chiamata a diventare conformi al suo Figlio Gesù”.

Riscoprire il nostro battesimo, quindi, è riscoprire che il Battesimo è dono, dono immenso, dono da vivere, da non sprecare. Siamo figli di Dio, e lo siamo realmente. E’ riscoprire che è il fondamento dell’esistenza cristiana, secondo la parola dell’Apostolo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,27). Il Battesimo è il sacramento della nostra dignità, cioè un battezzato ha la stessa dignità del vescovo e del papa, e riscoprire il proprio Battesimo significa sapere che io sono protagonista della vita della Chiesa e che non ho bisogno dell’autorizzazione o del mandato di nessuno per darmi da fare, per costruire la Chiesa, per essere annunciatore del Vangelo e testimone del Risorto. I cristiani, cioè, sono “chiamati a far risplendere la novità e la forza del Vangelo nella loro vita quotidiana, familiare e sociale, come pure ad esprimere, con pazienza e coraggio, nelle contraddizioni dell’epoca presente la loro speranza nella gloria”, come detto da Giovanni Paolo II (Christifideles laici, 14).

Insomma, la fede è una cosa di cui essere orgoglioso, e che è messa nelle mie mani – o meglio, nel mio cuore – perché io sia protagonista della Chiesa di cui faccio parte grazie al Battesimo.

In tanti, credo, preghiamo il “Dio del cielo”. Forse spesso ci dimentichiamo del “Dio della terra”. Da bambini ci insegnavano a voler bene a Gesù. È facile dire “io amo Dio, amo Gesù”. È molto difficile amare la sorella e il fratello che mi sta accanto. È facile dirsi cristiani. È difficile tradurre il Vangelo nella vita di tutti i giorni.

Quando anch’io, come Gesù, “mi metto in fila” con i più deboli, quando mi prendo cura di chi mi sta accanto, quando non rimango indifferente di fronte alle ingiustizie, anche io vedo “squarciarsi i cieli”. Anche per me Dio ripete le stesse parole: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Ecco che cosa vuol dire diventare “figli di Dio”, cosa vuol dire riscoprire e vivere il proprio battesimo.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Marco (1,7-11)

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

RIPRESA del Catechismo

Dopo mesi, dopo anche l’esperienza del cammino di Avvento fatto in lontananza, desideriamo ripartire con la Catechesi anche in presenza, pur nel rispetto di tutte le normative. Ripartiamo con un primo incontro tutti insieme per anno di catechismo, sarà anche occasione per suddividere i gruppi. In quell’occasione presenteremo l’ipotesi di cammino.

  • 1° anno di catechismo (2° elem.) – Lunedì 18 gennaio
  • 2° anno di catechismo (3° elem.) – Martedì 19 gennaio
  • 3° anno di catechismo (4° elem.) – Mercoledì 19 gennaio
  • 4° anno di catechismo (5° elem.) – Giovedì 20 gennaio
  • 5° anno di catechismo (1° media) – Venerdì 21 gennaio

Gli incontri si svolgeranno nella Chiesa SS. Pietro e Paolo Ap. (L.go Saluzzo), orario: 17.15 – 18.00 

Salvo cambiamenti nelle normative legati ai vari DPCM

 

RIPRESA delle messe feriali al Sacro Cuore di Maria

Da Martedì 19 gennaio riprendono le Messe feriali al Sacro Cuore di Maria Martedì e Giovedì alle ore 18.30

 

L’oratorio non si ferma! 

Un bel modo di concludere ed iniziare l’anno al nostro oratorio. Gli ultimi giorni di dicembre e i primi giorni di gennaio ha avuto luogo l’inverno ragazzi, un’opportunità data ai ragazzi per vivere le vacanze invernali, se non nella normalità consueta, almeno facendo un’esperienza di gruppo in presenza, dopo mesi di lezioni davanti ad uno schermo. Tanti i giochi e le attività. Da segnalare soprattutto la tombolata dell’ultimo giorno, vissuta come una grande festa, sia in presenza coi ragazzi che hanno aderito all’iniziativa, e sia online con alcune famiglie da casa. Un segno di allegria e di normalità: l’oratorio continua ad essere casa e cortile che accoglie.

 

Oratorio SAN LUIGI

Via Ormea, 4 – 10125 TO

Tel. 3387257105 – oratorio@sanluigitorino.org

Notizie dalle Parrocchie: “La cultura della cura come percorso di pace”

“La cultura della cura come percorso di pace”  

Mettere i soldi delle armi in un fondo contro la fame. È l’idea di Papa Francesco nel messaggio per la 54ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2021) «La cultura della cura come percorso di pace», «come impegno comune, solidale e partecipativo, per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti e per interessarsi alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto, all’accoglienza», via privilegiata per la costruzione della pace. Il Papa si rivolge ai capi di Stato e di governo, ai capi spirituali, ma è messaggio attuale per ogni cristiano, per ciascuno di noi e soprattutto un ottimo auspicio, augurio e impegno per l’anno che inizia. Il Covid-19 ci ha insegnato «l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza», dice il Papa.

Davanti alla domanda di Dio: «Dov’è Abele, tuo fratello?» Caino rispose: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). E noi? Qual è il mio rapporto con ciò che è esterno a me: lo uso o lo porto a fioritura? Lo elimino come ostacolo o lo accolgo come dono da far crescere?

Ricordiamocelo. La radice della pace, ma anche della concordia, della serenità, di un vivere più felice, è scoprire l’altro, il diverso talmente bello da desiderare che fiorisca, per un mondo di fratelli nella giustizia e nella pace.

Ne siamo consapevoli? Siamo pronti per questo?  Guardando al mondo, alla nostra società, anche attorno a noi, sembrerebbe di no! Anche nella emergenza sanitaria “accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione”.

Abbiamo davvero bisogno di una nuova cultura, di un modo nuovo, cioè, di far crescere l’uomo e l’umanità: è la  «cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente».

Ed è una cultura che nasce dal prendere a cuore, sentire come proprio ogni battito di vita che è attorno a noi, proveniente da ogni creatura di Dio Padre. Per questo il Papa ci ricorda l’avvicinarsi, il rendersi prossimo che il Vangelo ci ha consegnato nella pagina che mostra come Gesù sia il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si prende cura di lui (cfr Lc 10,30-37).

In questo messaggio ci offre anche «la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato».

«Quanto ciò sia vero e attuale ce lo mostra la pandemia del Covid-19, davanti alla quale “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme” perché “nessuno si salva da solo”». E questo è vero nei rapporti tra Stati ma anche tra di noi, ad iniziare dalle relazioni con chi ci vive accanto. Infatti “prendersi cura” è dire all’altro tu sei importante per me; non sei nemico, ma alleato per un futuro migliore; non sei un peso, ma una risorsa. Di questo il Papa ci invita ad essere profeti e testimoni, cominciando in famiglia, poi nelle scuole, nella nostra comunità e quartiere.

Santa Teresa di Calcutta insegnava: «Il frutto del silenzio è la preghiera; il frutto della preghiera è la fede; il frutto della fede è l’amore; il frutto dell’amore è il servizio; il frutto del servizio è la pace». Il servizio, che si fa accoglienza, solidarietà, aiuto concreto, ci aiuta a vedere l’altro non come un mezzo da sfruttare e poi scartare quando non più utile, ma come nostro prossimo, compagno di strada, chiamato a partecipare, alla pari di noi, al banchetto della vita a cui tutti sono ugualmente invitati da Dio.  «Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri». Allora, nonostante tutto, sarà veramente un felice 2021.

Don Claudio

 

Venerdì  1 Gennaio 2021 –  Maria SS.Madre di Dio

Dal vangelo secondo Luca (2,16-21)

In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

Domenica 3 Gennaio 2021 – II Domenica dopo Natale

Dal vangelo secondo Giovanni (1,1-18)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù  Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.