A La Voce e Il Tempo la provocazione di Matteo Aigotti dell’Educativa di Strada: “Gli adulti ‘da salotto’ non educano

Matteo Aigotti, assistente sociale, coordinatore dei progetti di Educativa di strada all’Oratorio San Luigi di Torino, Barbara Celia, assistente sociale esperta in ambito giuridico, sono due educatori da alcuni anni impegnati sul fronte della prevenzione del disagio giovanile. Per La Voce e Il Tempo, settimanale della Diocesi di Torino, hanno riflettuto su alcuni fatti di cronaca collegati alla problematica del bullismo, in cui sono protagonisti adolescenti, con l’intento di lanciare una sfida agli adulti.
LA VOCE E IL TEMPO, edizione del 29 Aprile 2018. Articolo di Matteo AIGOTTI, Barbara CELIA
Preoccupazione. Timore. Grandi titoli sui giornali. Una marea che sembra non più incanalabile, che sfugge al nostro controllo e alla nostra azione. Baby gang. Ci si chiede “che succede ai nostri ragazzi? ” Abuso dell’agio o disagio di relazioni, sofferenze affettive, necessità di gridare contro un dolore muto. Emergere da un’apparente normalità per far esplodere un’aggressività inaspettata. Distese di solitudine. Spazi a volte osservati, studiati, ma forse… poco abitati. Per noi oggi il bullismo non è la culla della criminalità. Almeno: non per definizione. A meno che non siamo noi, lentamente, a esiliare una vita possibile in un ambito di emarginazione. La nuova legge sul cyberbullismo che ha preso vita nel giugno 2017 è una norma di diritto mite: vuol dire che passa il testimone al mondo dell’educazione e non alle azioni di polizia. Per innalzare la cura delle relazioni, non per inasprire le pene. Il legislatore ci crede. Ma noi? Cosa provoca in noi il ragazzetto coi pantaloni a vita bassa, che si avvicina in gruppo, col giubbotto di pelle, le mani in tasca o la sigaretta in bocca? Ci sorge il desiderio di incontrarlo o ci assale il terrore? E così lo strafottente a scuola, la figlia della vicina di casa che non mi saluta mai e sbatte le porte; ma allo stesso tempo il giovane silenzioso, quasi invisibile, di cui non c’è traccia nei ricordi di nessuno.
I ragazzi hanno bisogno degli adulti in prima persona, non dei nostri discorsi, e del nostro sdegno

Quando fai educativa di strada queste domande fanno sorridere, perché agganciano le nostre emozioni e si affacciano immagini di volti, nuovi amici, originali relazioni che si colorano riempiendosi di vita dal momento in cui incontri un giovane e gli fai capire che… per te è importante. Nei panni dell’educatore, in particolare in servizi di educativa di strada, devi interiorizzare un approccio che vede l’adulto andare verso un mondo di minori e giovani che, per essere compresi, accolti, indirizzati, necessitano di uno sforzo razionale ed emotivo. Ma a ben vedere l’impegno, l’applicazione razionale ed emotiva non sono peculiarità del mondo adulto? Viceversa assistiamo ad un mondo adulto “da salotto” che all’azione subita, alla quale spesso assiste da spettatore, agisce con l’emotività senza il filtro della razionalità. Da qui la difficoltà a far sostenere la frustrazione di un brutto voto, la fatica di accettare i propri figli per come sono e non per come vorresti che fossero. Come educatori di strada, assistendo agli ultimi fatti accaduti a Torino – e in specifico in P.zza Bodoni – ci siamo chiesti: cosa ci faceva un ragazzino adolescente in quel contesto, a quell’ora della notte? Chi si preoccupava di lui? Chi sono gli adulti che in qualche modo hanno permesso che i fatti accadessero? I rimedi? Spesso le idee semplici sono quelle di maggior successo, spesso ritornare a tempi passati produce innovazione. Come sono lontani i tempi dei giardinetti, dei cortili, dove i bambini e i ragazzi erano figli di tutti. Non era quella responsabilità condivisa e comunitaria?

Fa ancora più male sentire una madre in televisione dire: “quei ragazzini devono essere puniti” riferendosi a minori di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Involontario cogente esempio di adulti da salotto che divengono protagonisti, non già nella vita sociale e comunitaria del territorio, ma del salotto stesso. Ritornare in strada ad incontrare i nostri ragazzi vuol dire, all’opposto, tornare ad esercitare le responsabilità adulte e questo non può e non deve essere prerogativa degli educatori di strada, ma del mondo adulto nel suo complesso. Il vero problema di oggi, forse, non è capire cosa farne di questi bulli, ma scoprire che hanno una storia, un nome, delle ferite e dei desideri. “Giovanni: cosa sai fare bene?” “Niente. Lasciami stare.” Non dedicarsi a cercare spegne la vita. La creatività nello scoprire cosa possiamo fare, chi possiamo essere, invece, la riaccende. Nella vita ciascuno di noi deve potersi sperimentare per mettersi alla prova. Si può sperimentare nel bene. O nel male. L’identità di ciascuno si incardina nelle situazioni in cui usiamo la nostra forza per primeggiare, farci notare; così come si plasma anche attraverso lo sguardo amorevole di chi ci sprona a riprovare, a non mollare, chi asciuga le nostre lacrime nelle delusioni e festeggia per i nostri successi. Queste ultime occasioni dovrebbero avere il sapore del focolare, l’odore della mamma e del papà, delle coccole dei nonni. Ma non possiamo credere che sempre avvenga e che solo quello sia il luogo eletto.

E se le porte di casa si aprono allora ciascuno di noi è interpellato: se ha dato vita ad un figlio, se ha a cuore i giovani, se insegna, se è educatore, se è un nonno… se intesse relazioni con altre storie. Se abita questo mondo, che magari contesta, ma che può essere modificato solo con l’intervento di ciascuno: dai piccoli gesti possibili, non da ideali e lamentele. Ci sono parole e sguardi che danno vita, che restano. Come ci sono parole e silenzi che fanno morire.Se hai voglia di parlare di giovani e se desideri per loro delle occasioni di bene non puoi bluffare. Devi comprometterti, sporcarti le mani, devi perdere il sonno la notte, devi aver voglia di sentire la stanchezza, devi pensare di fallire con un dolore pari alla gioia di quando le soddisfazioni ti fanno scoppiare il cuore per la felicità. Te la senti? Altrimenti possiamo continuare a fare discussioni da salotto, ma… cambiando argomento. I ragazzi hanno bisogno di noi, in prima persona. Non dei nostri discorsi e del nostro sdegno. Hanno bisogno di ritrovare la strada, partendo da lì. Dal luogo in cui sono.

Con “M’interesso di te” al centro i Minori stranieri soli di San Salvario

In edicola, a partire da Sabato 31 Marzo, nella nuova edizione de La Voce e il Tempo, settimanale della diocesi di Torino, si trova il seguente approfondimento – a cura di Stefano DI LULLO – sull’oratorio San Luigi e il progetto denominato “M’interesso di te” – finanziato dalla  Federazione Scs/Cnos, Salesiani per il Sociale, grazie al fondo di beneficienza di Intesa Sanpaolo – che si rivolge, mediante una rete dedicata di educatori e operatori, a quei ragazzi che “non sono mai entrati nelle comunità di accoglienza dedicate, in quanto non vengono intercettati alla frontiera e nei luoghi di sbarco, o che le hanno abbandonate perché troppo ‘strette’ per loro. Di fatto, pur essendo presi in carico dai servizi sociali, si trovano per strada dove vengono adescati nelle reti della criminalità e dello sfruttamento“, come sostiene don Stefano Mondin, direttore della Pastorale giovanile dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta. Un progetto teso ad intercettare questi ragazzi sulla strada prima di tutto per accoglierli, ascoltarli e intraprendere con loro un percorso di fiducia che li sostenga e li accompagni.

 

TORINO – ALL’ORATORIO SAN LUIGI HA PRESO IL VIA IL PROGETTO NAZIONALE A SOSTEGNO DEI RAGAZZI MIGRANTI NON ACCOLTI NELLE COMUNITÀ

Minori stranieri soli, a San Salvario
con i Salesiani non più «invisibili»

A Torino si intensifica l’impegno dei Salesiani verso i minori stranieri più fragili, i tanti «invisibili» che vagano per le strade delle città senza alcuna protezione, con il rischio di cadere nei circuiti criminali o di sfruttamento sessuale.

Dopo aver avviato diverse Comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati (Msna) i Salesiani ora hanno attivato «M’interesso di te», un progetto nazionale partito in forma sperimentale a Torino, Napoli e Catania, finanziato dalla  Federazione Scs/Cnos, Salesiani per il Sociale, grazie al fondo di beneficienza di Intesa Sanpaolo, rivolto ai quei ragazzi migranti soli usciti da qualsiasi servizio di accompagnamento.

In Italia sono oltre 5 mila, a Torino diverse decine, e rappresentano un quato dei minori accolti nelle strutture di accoglienza.

«Si tratta di ragazzi», sottolinea don Stefano Mondin, direttore della Pastorale giovanile dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta, «che non sono mai entrati nelle comunità di accoglienza dedicate, in quanto non vengono intercettati alla frontiera e nei luoghi di sbarco, o che le hanno abbandonate perchè troppo ‘strette’ per loro. Di fatto, pur essendo presi in carico dai servizi sociali, si trovano per strada dove vengono adescati nelle reti della criminalità e  dello sfruttamento. Molti di essi vivono in precarie condizioni igieniche in alloggi di fortuna».

Ed ecco un progetto che attraverso educatori e operatori dedicati cerca di intercettare questi ragazzi sulla strada prima di tutto per accoglierli, ascoltarli e intraprendere con loro un percorso di fiducia che li sostenga e li accompagni.

A Torino il piano viene gestito dall’oratorio salesiano San Luigi a San Salvario dove è già presente una Comunità per Msna che ad oggi accoglie 15 ragazzi. Tutto parte da «Spazio Anch’io», la postazione dei Salesiani al Parco del Valentino dove gli educatori tutti i pomeriggi stanno accanto ai ragazzi che si incontrano sulla strada accompagnandoli a riprendere in mano la propria vita. È lì che avviene il primo approccio.

«Il nostro compito», osserva don Mauro Mergola, salesiano, parroco di Ss. Pietro e Paolo e direttore dell’oratorio San Luigi, «è far percepire ai ragazzi che c’è qualcuno che si interessa di loro, che non c’è solo chi se ne approfitta, ma una comunità che  accompagna. Il nostro obiettivo non è dunque quello di portare i minori immediatamente nelle comunità d’accoglienza, ma tempi». Presso l’oratorio Ss. Pietro e Paolo è allestita un’accoglienza diurna dove i ragazzi tutti i giorni possono trovare riparo, un luogo accogliente dove fare due chiacchiere con gli educatori, mangiare qualcosa, fare una doccia, lavarsi i vestiti.

Da lì partono dunque le proposte di partecipazione ai corsi di lingua italiana all’oratorio San Luigi e ai percorsi formativi e di avviamento professionale che il centro giovanile offre.

«Il progetto», conclude don Mergola, «si inserisce tra l’attività di ‘Spazio Anch’io’, informale, l’oratorio sulla strada, e quello strutturato della Comunità di accoglienza per Msna».

Le “24 ore per il Signore” stabili, instancabili e abituali con la “movida spirituale” di San Salvario

Anche quest’anno il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione propone la 5ª edizione di “24 ore per il Signore”, nei giorni di venerdì 9 e sabato 10 marzo. Il tema di quest’anno è un’espressione del Salmo 130: “Presso di te è il perdono”: il desiderio è quello di aprire il cuore per farvi entrare la vita di Dio, che lo cambia e lo trasforma e rende felici.

Si pubblica il reportage di “Famiglia Cristiana” a cura di Lorenzo Montanaro, Alberto Laggia e di Maria Elefante che ritraggono, attraverso la loro penna, alcune realtà parrocchiali “sempre aperte” del Piemonte, del Veneto e della Campania che cercano di offrire anche in orari insoliti, e non solo in occasione delle “24 ore per il Signore”, iniziative diverse all’insegna della preghiera e delle confessioni. Qui di seguito, una parte del reportage, che si affaccia alle porte dei salesiani nel quartiere di San Salvario e a Maria Ausiliatrice:

L’anima della notte

VIAGGIO NELLE CHIESE APERTE ANCHE DOPO IL TRAMONTO

IL 9 E 10 MARZO IN TUTTA ITALIA PREGHIERE E CONFESSIONI NON STOP IN OCCASIONE DELLE “24 ORE PER IL SIGNORE”, UN APPUNTAMENTO ANNUALE VOLUTO DA PAPA FRANCESCO. MA CI SONO CITTÀ IN CUI QUESTA È UNA REALTÀ QUOTIDIANA. O QUANTO MENO SETTIMANALE. SIAMO ANDATI SUL CAMPO A VEDERE DOVE E COME.

PARTENDO DAL PIEMONTE

DAL KEBAB ALL’INCENSO, L’ALTRA “MOVIDA”

Le iniziative dei salesiani nel quartiere di San Salvario e a Maria Ausiliatrice

di Lorenzo Montanaro

«In chiesa non vado mai, non so nemmeno se sono credente. Però qui, a quest’ora di notte, c’è qualcosa di speciale: un silenzio che mi piace». Entrano alla spicciolata, qualcuno dopo aver dato l’ultimo sorso al bicchiere di plastica che tiene in mano o l’ultimo morso a un trancio di pizza. C’è chi, all’ingresso, si fa un segno di croce. Chi si guarda un po’ intorno, come per “assaggiare” l’aria.

Di solito si fermano cinque o dieci minuti, ma c’è anche chi si trattiene più a lungo. Entrano perché le porte sono spalancate. Già, una chiesa senza confini e senza barriere. Aperta sulla piazzetta che ogni fine settimana viene invasa da migliaia di ragazzi in cerca di divertimento e locali alla moda. Aperta al punto da assorbire voci, rumori, perfino odori. Dal kebab all’incenso. È

un chiaro esempio di quella Chiesa in uscita voluta da papa Francesco. Ma questa parrocchia ha “giocato d’anticipo”. Questione di un soffio. Era infatti il 2 marzo 2013 (11 giorni prima dell’elezione di Bergoglio) quando don Mauro Mergola, salesiano, parroco della comunità Santi Pietro e Paolo, nel cuore del multietnico quartiere torinese di San Salvario, decise di tenere aperta la chiesa il sabato notte per incontrare i “ragazzi della movida”. Doveva essere un esperimento, legato alla Quaresima. Invece, dopo cinque anni di rodaggio, la “movida spirituale” è una realtà stabile e affermata. Un’esperienza di frontiera. Sì, perché

nelle notti di San Salvario si incontra di tutto. Accanto al divertimento sano, c’è il dolore urlato nello sballo: il consumo di alcol è elevatissimo, come quello di stupefacenti (cannabis, il cui odore dolciastro si sente ovunque, ma anche cocaina e droghe sintetiche dagli effetti devastanti). A questo mondo dai mille volti, chiassoso quanto ignorato, la parrocchia non risponde con la condanna, ma con la presenza. «Noi stiamo sulla porta» racconta Paulo Bošković, salesiano croato, che a Torino si prepara per l’ordinazione sacerdotale. «Tanti ragazzi si avvicinano per incontrarci e fare domande. È il segno di un desiderio spirituale vivo, nonostante tutto».

Tra mezzanotte e le due c’è un flusso continuo di gente che varca le porte della chiesa. Si tratta, per lo più, di piccoli gruppi di ragazzi tra i 18 e i 25 anni. Sara e Laura, entrambe diciottenni, sono entusiaste. «La proposta ci piace molto. È bella la possibilità di un istante di preghiera, magari prima di un’uscita di gruppo con gli amici». Se per loro la vita di parrocchia è esperienza quotidiana, c’è anche chi arriva da percorsi diversi. «No, non mi definirei credente, almeno non nel senso  tradizionale» dice Lorenzo, anche lui neomaggiorenne. «Eppure qui vengo spesso. Mi piace il contrasto tra il frastuono di fuori e la calma che si respira oltre la porta». Chi vuole può scrivere su un foglietto di carta la sua personale domanda e pescare da un

cestino una citazione biblica. In piedi davanti all’altare, don Mauro incontra tutti e con tutti condivide una parola, un saluto, un preghiera. «Affidiamo al Signore esperienze e persone care. Insieme diamo un senso a questo momento. A volte, qualcuno mi chiede di confessarsi».

Col buio ha a che fare anche la proposta che arriva dal santuario di Maria Ausiliatrice, cuore pulsante del mondo salesiano. Alle 21 della domenica c’è la Messa, ma, specialmente in questa Quaresima, già dalle 20.30 sono disponibili quattro o cinque confessori. E la fila di fedeli (soprattutto universitari e giovani coppie) è continua. «Non è solo questione di comodità» osserva il rettore, don Cristian Besso. «La sera è il tempo della riflessione. Come ci ricordano tanti passi biblici, è l’ora in cui l’uomo sente l’angoscia delle giornate che sfumano via, a volte nel non senso. In quest’ora è prezioso l’incontro spirituale».

Ecco, il reportage integrale:

Il Natale di San Salvario sotto i riflettori del TG 3 Regionale

Molte le iniziative della Parrocchia Santi Pietro e Paolo, l’Oratorio Salesiano San Luigi e i volontari per il Natale di San Salvario: la bontà delle stesse viene raccontata così dal telegiornale locale e nazionale. Buona Visione!