PILLOLA DELLA DOMENICA

C’era una volta una vecchierella che restò vedova del suo adorato marito. Allora andò a vivere con il figlio, la nuora e la loro figlioletta. Un giorno dopo l’altro la sua vista si indeboliva, e il suo udito peggiorava. Le sue mani tremavano al punto che a volte le cadevano i piselli dal piatto, o versava la zuppa. Non sopportando più il disordine che lei involontariamente creava, un giorno il figlio e la nuora sistemarono un tavolino vicino all’angolo delle scope, e da allora la fecero mangiare lì, tutta sola. All’ora di pranzo la nonnina li guardava con gli occhi pieni di lacrime, ma loro le rivolgevano la parola solo per redarguirla quando le cadeva il cucchiaio.

Una sera, appena prima di cena, la bambina era seduta sul pavimento a giocare con le costruzioni. «Che cosa stai costruendo?», le domandò sollecito suo padre. «Sto costruendo un tavolino per te e la mamma, così quando sarete vecchi potrete mangiare nell’angolino». Per un momento, che sembrò durare un’eternità, il padre e la madre rimasero muti, poi scoppiarono a piangere. Si erano resi conto della crudeltà del loro comportamento, e del dolore arrecato alla vecchierella. Da quel giorno la nonna mangiò insieme a loro al grande tavolo da pranzo e se le cadeva un boccone o la forchetta, nessuno ci faceva più caso.

I genitori di questa storia non sono cattive persone. Avevano bisogno soltanto della scintilla della consapevolezza per accendere la candela della compassione. La compassione e i gesti quotidiani di gentilezza rendono la nostra vita assai più ricca.

Dal vangelo secondo Matteo (9,36-10,8)

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

PAROLA DEL PARROCO

Chi dona non ci perde

In questi giorni, più volte leggiamo o sentiamo notizie di personalità, organismi, stati, che lavorano per la pace in Ucraina, pensiamo allo stesso Papa. Normalmente la risposta prima è sempre la stessa: “Vogliamo giustizia! E quindi la pace”.

Ma quella giustizia ha sempre un presupposto. Prima conquistare il più possibile. Prima avere. E poi contrattare, dialogare per la pace.

Ma questo vale anche nei nostri rapporti. In famiglia, nella comunità, tra persone. “Voglio giustizia”, ma si parte sempre da quanto ho acquisito, ho conquistato. “È mio”, quindi, giustizia è tenermelo.

Parto dalla storiella di un economista. “C’era una volta un beduino che possedeva 11 cammelli. Aveva tre figli. Alla sua morte i figli aprono il testamento e trovano queste disposizioni: “Lascio ½ dei miei cammelli al primo figlio; ¼ al secondo, 1/6 al terzo”. Ma 11 non è divisibile per 2. Così il primo figlio chiede di avere 6 cammelli. Ovviamente gli altri non sono d’accordo. E inizia una lite furibonda. Già stanno per tirare fuori i coltelli. In quel momento passa di lì un beduino, sente le urla, si ferma, chiede spiegazioni. Sentiti i problemi decide di donare il suo cammello. Così 11+1 fa 12; 12 diviso 2 fa 6; 12 diviso 4 fa 3; 12 diviso 6 fa 2. 6+3+2 fa 11. Tutti sono soddisfatti. Il beduino si riprende il suo cammello e prosegue il viaggio”.

Il racconto ci insegna due cose. Anzitutto chi dona non ci perde e, soprattutto, ci vuole un dono perché la giustizia avvenga. Chi dona non ci perde. Il beduino ritrova il suo cammello donato. Questo fatto ci stimola a credere al dono gratuito. Certo, nell’immediato a donare sembra che ci si perda, ma a ben vedere quel dono genera qualcosa che vale molto di più del donato. Per costruire relazioni abbiamo bisogno di entrare in questa prospettiva. Non dobbiamo avere paura di donare tempo, aiuto, ascolto, vicinanza, sorriso, perdono, comprensione… È vero, il tempo donato sembra tempo sprecato. In realtà è tempo seminato: sicuramente genera qualcosa.

In secondo luogo il racconto ci insegna che solo se ci esponiamo oltre ciò che è dovuto riusciamo ad ottenere ciò che è dovuto. Solo se qualcuno dona avviene la giustizia. I tre fratelli giustamente esigevano giustizia. Ma in nome della giustizia stava scoppiando la guerra. La pretesa del diritto genera conflitto. Solo un “più di giustizia”, solo un dono fa accadere la giustizia. Finché stiamo trincerati dentro le nostre pretese non generiamo giustizia, ma guerra. Dobbiamo allenarci, tutti i giorni, ad uscire dalle rigide pretese ed esporci “un po’ più in là”. Il nostro dono fa fiorire la giustizia. Solo esprimendoci “un po’ più in là” possiamo creare relazioni. Lo so, esporsi un po’ più in là del solito terreno dei diritti fa venire le vertigini. Donare è come sporgersi sull’orlo di un burrone. Sembra che il dono precipiti nel nulla, scompaia. Ma in realtà solo esponendoci sull’orlo del burrone riusciamo ad andare un po’ più in là per raggiungere l’altro che sta dall’altra parte del burrone. Il dono crea, piano piano, un ponte. Il dono è un ponte.

Noi cristiani siamo fortunati, abbiamo sempre davanti agli occhi un tale che si è “buttato nell’abisso”,  si è “sporto oltre il dovuto”. Non solo ha donato qualcosa, ma ha donato se stesso. Una dedizione incondizionata. Sulla croce non trattiene nulla per sé. Attorno a Lui tutti dicono: “Che spreco!”. Anzi: “Che spreco inutile”. Dicono: “Non possiamo credere ad un Dio così sprecone, che non punta a difendere se stesso, a salvare se stesso”. Eppure lì avveniva la verità di Dio: “Dio è dono, donazione infinita”. Dio è “gratuità senza limiti, Misericordia smisurata”. E lì, sulla croce, avviene la verità dell’uomo: vero uomo è colui che “si sporge oltre il dovuto”, è colui che sa donare, che sa donarsi.

don Claudio

Questa settimana parliamo di….

ESTATE RAGAZZI – 2a settimanaESTATE RAGAZZI – 2a settimana

Cresima

Festa patronale – Parrocchia Santi Pietro e Paolo Apostoli