Maker Lab L2L: il progetto “Digital Lab” all’Oratorio San Luigi

L’esperienza Maker Lab di Labs to Learn ha preso vita all’Oratorio salesiano del San Luigi di Torino grazie al laboratorio “Digital Lab“: un progetto pensato per i ragazzi e le ragazze delle scuole elementari e medie come opportunità per apprendere attraverso metodologie divertenti e tecnologiche, come il video editing, il gaming e il coding.

Il Maker lab è legato infatti ad spazio allestito in oratorio con attrezzature digitali e meccaniche, tavoli di lavori e strumenti artigianali per l’apprendimento e la sperimentazione di sé attraverso la metodologia del learning by doing, in modo individuale ed in piccoli gruppi, seguiti da formatori ed educatori.

Avviato lo scorso novembre, il laboratorio “Digital Lab” proseguirà fino a marzo/aprile 2022 presso l’Oratorio dei Salesiani di San Salvario, grazie a 15 incontri suddivisi tra gli alunni dell’Istituto comprensivo “Peyron – Re Umberto I” e i ragazzi delle medie ed elementari  che frequentano l’oratorio.

L’ultimo incontro del progetto vorrà infine diventare una restituzione di tutto quello appreso nel percorso attraverso una presentazione delle attività ai propri compagni ed insegnanti.

Il progetto Digital Lab consiste nel offrire ai ragazzi l’opportunità di apprendere attraverso metodologie più divertenti. In particolare, giocando un po’ con il video editing, con macchine da ripresa, fotocamere e videocamere, con software di montaggio video e con un drone.

Utilizziamo questi strumenti per giocare insieme e divertirci in oratorio.

Manuele Manco – Responsabile del progetto Digital Lab

Conclusione dell’Estate Ragazzi: Un altra estate è finita, ma un nuovo anno sta cominciando!

Il 10 settembre si è conclusa anche l’attività dell’oratorio estivo 2021 nei oratori salesiani di San Salvario, San Luigi e Santi Pietro e Paolo. Nove settimane intense condite di gioco, musica, incontri, uscite fuori porta, parchi acquatici, compiti delle vacanze, attività formative e tanto altro ancora. Le strutture e la loro disposizione sul quartiere hanno permesso agli educatori e agli animatori di organizzare e gestire le attività in piena sicurezza regalando finalmente ai ragazzi il loro giusto spazio e tempo di svago e di crescita insieme ai loro coetanei.

Da metà settembre riprenderanno le attività degli oratori con diverse proposte educative studiate ad oc per accompagnare i ragazzi e le famiglie durante tutto l’anno scolastico. Catechesi, doposcuola, metodo di studio, sport, attività del tempo libero e tra le tante novità di quest’anno, i maker labs: laboratori che utilizzano strumenti digitali per proporre metodi alternativi di apprendimento e supportare i percorsi scolastici dei ragazzi e dare nuove opportunità di aggregazione. I Maker labs sono inseriti nel progetto “Labs to learn”: un percorso partito un anno fa che ha coinvolto l’intera comunità educante rendendola più sensibile e pronta a rispondere alle esigenze educative facendo convergere le differenti risorse sul territorio.

Estate Ragazzi: siamo partiti!

Nuovi giochi, amici e attività per l’estate ragazzi 2021!

E’ bello rivedersi dopo tanto tempo ed è importante iniziare al meglio questa nuova straordinaria esperienza!

Ecco i programmi della settimana per tutte le fasce!

 

Oratorio Estivo 2021

Ecco un primo volantino che preannuncia l’Estate Ragazzi di quest’anno. Ci sarà, gli animatori, educatori e salesiani si stanno già preparando e preparando il meglio per i ragazzi. Purtroppo non possiamo ancora fornirvi tutti i dettagli perchè ancora in attesa delle disposizioni definitive da parte delle istituzioni. Comunque noi siamo pronti e vi aspettiamo…

Appena saranno pubblicate le disposizioni per questa estate vi forniremo tutti i dettagli e apriremo le iscrizioni.

 

Quaresima: La “sorpresa” di Pasqua.

La “sorpresa” di Pasqua

Una delle tradizioni di Pasqua è scambiarsi o regalare uova di cioccolato, soprattutto con i bambini. Con una particolarità: la sorpresa. Anch’io ricordo quando ero bambino. In quel tempo la sorpresa era più importante dell’uovo stesso. Ancora adesso quando si vede un uovo di Pasqua si pensa alla sorpresa che custodisce. Ed immagino gli occhi dei bimbi che assisteranno al momento in cui qualche adulto spaccherà quel loro dolce. Quegli occhi spalancati, pieni di improvviso stupore, sono i veri occhi “pasquali”. Sono gli occhi dei primi discepoli che hanno visto il Risorto. Non riuscivano a crederci, lo guardavano tra la meraviglia e l’incredulità. Troppo bello per essere vero! Troppo grande, troppo entusiasmante, troppo importante, troppo nuovo! Troppo! Un uomo che vince la morte, che non viene inghiottito dal nulla, che trasforma il muro in breccia! Ciò che è solo tenebra diventa all’improvviso luminoso. Non riescono a crederci. Stupore. Incredulità. Quegli uomini esultano e tentennano, poi corrono, saltellano, gridano. La sorpresa li rigenera, li rende leggeri. I due di Emmaus corrono per undici chilometri al buio per andare dagli amici a gridare, con la voce spezzata dell’emozione: Gesù è Risorto. La fine non è più fine; il nulla non è più invincibile. Non siamo più schiavi, ma liberi. La paura, il dolore, il sospetto, la morte… non sono più nemici invincibili. Ora possiamo rialzarci, alzare la testa da persone libere. La vita non finisce nel nulla, ora ha un senso, un fine, una breccia. In ogni momento, anche il più duro e doloroso, c’è un ultimo e ulteriore senso: stare in Lui, nel Risorto. Nulla ci separerà dal suo amore, nulla ci strapperà dalla sua mano. Nemmeno l’ingiustizia della morte. Neppure le sofferenze più forti. Neppure la pandemia che tutti ci coinvolge.

Viviamo una Pasqua ancora segnata dalla persistenza del contagio. Distanziati, con amici ammalati, alcuni gravi, con enormi fatiche lavorative, scolastiche e sanitarie. Ci siamo dentro, tutti nella stessa barca assalita dalla tempesta, come sì è espresso un anno fa papa Francesco. Impauriti, stanchi, delusi, arrabbiati.

E dopo i primi mesi segnati dall’ “andrà tutto bene”, ora in molti lo scoraggiamento, il puntare il dito, le accuse ai privilegiati, la lotta alle inadempienze, la ricerca dei colpevoli. E’ normale . La fatica si fa sentire ed emergono sbagli ed ingiustizie. E’ situazione da affrontare con realismo. Ma non dobbiamo fermarci a questo. La Pasqua arriva per curarci l’anima. Qualcuno ha detto che “la pandemia è iniziata come malattia dei corpi e sta diventando malattia dell’anima”. La Buona Notizia di Pasqua ci dice che non siamo e non saremo mai “incatenati” dalla pesantezza dell’anima. “Se, nonostante tutto siamo ottimisti è perché Cristo è risorto!“, gridava al mondo don Franco Delpiano mentre la leucemia lo stava uccidendo. Combattiamo con una certezza: abbiamo in squadra il Vincitore. Anzi, con una sorpresa in più, quel vincitore è il Crocifisso. E’ colui che ha vinto la morte.

I discepoli, dopo la sorpresa della Risurrezione, hanno una ulteriore sorpresa: la croce non è solo tragedia, bensì un atto d’amore. Lì c’è Dio che si spende per noi, oltre ogni misura. Con lui siamo forti, con Lui possiamo reggere e sperare. Buona Pasqua

Don Claudio

Dal vangelo secondo Giovanni  (20,1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

 

Quaresima: Settimana Santa in tempo di Covid.

Settimana Santa in tempo di Covid.

Ancora una volta i riti della Settimana Santa saranno in parte condizionati dalle norme per contenere la pandemia, tuttavia, rispetto allo scorso anno, potranno avvenire in presenza dei fedeli. Lo scorso anno, infatti, non fu possibile ai fedeli assistere personalmente ai riti, complice il lockdown che fermò il Paese per oltre due mesi.
I Vescovi italiani, al riguardo, esortano alla presenza durante i riti della Settimana Santa “nel rispetto dei decreti governativi riguardanti gli spostamenti sul territorio e delle misure precauzionali”, e,  aggiungono, che la possibilità di ricorrere all’uso dei social media avvenga “solo dove strettamente necessario o realmente utile”.

Accogliamo allora l’invito del Signore, il quale, ai discepoli che gli chiedevano «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua» (Mt 26,17), risponde che è suo desiderio celebrare la Pasqua non da solo, ma con loro («Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”», Mt 26,18). Desiderio che Gesù confermerà la sera stessa della celebrazione della Pasqua («Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione»,
Lc 22,14-15).

Il desiderio di Gesù è indicazione preziosa per noi, suoi discepoli, che ci apprestiamo a vivere la Settimana Santa, il “centro” dell’anno liturgico e il “cuore” della vita cristiana. Gesù ci ricorda che ci vuole coinvolgere, perché noi siamo i beneficiari della Pasqua, della sua morte e risurrezione.

I riti dell’azione liturgica del Triduo, che culminerà nella Veglia della notte di Pasqua, ci consentiranno di partecipare, in prima persona e come comunità cristiana, alla Pasqua di Gesù, di beneficiare della sua morte e risurrezione. Dalle celebrazioni che si svolgeranno durante questa settimana, ci viene data l’opportunità di ricevere in dono la vita nuova del Signore Risorto, un’opportunità che resta sempre preziosa anche se la situazione di pandemia ci imporrà limitazioni nelle celebrazioni.

In particolare ne ricordo alcune.

La Domenica delle Palme non vivremo processioni, poiché sono vietate, e non ci sarà la distribuzione dei rami di ulivo alle porte, poiché troveremo il nostro rametto sul banco al fine di evitare passaggi di mano e contatti.

Il Giovedì Santo nella Messa in Coena Domini verrà omessa la «lavanda dei piedi».

Il Venerdì Santo non potremo vivere con i ragazzi e bambini la Via Crucis per le vie di San Salvario (si cercherà di sostituirla con una Via Crucis in chiesa dove si rimarrà al posto). Nella celebrazione della Passione del Signore, l’atto di adorazione alla Croce mediante il bacio sarà «limitato al solo presidente della celebrazione».

Per ultimo, in ragione del coprifuoco, abbiamo dovuto anticipare l’orario di alcune celebrazioni, in particolare quello della Veglia pasquale.

Ma nonostante tutto il mio invito è fare il possibile per partecipare alle celebrazioni liturgiche, con la consapevolezza del dono che ci viene offerto e con la serenità che il dono del Risorto, anche nelle condizioni difficili e sofferte che stiamo vivendo, non viene meno, né perde un po’ della sua ricchezza.

Don Claudio

Dal vangelo secondo Marco  (11,1-10)

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

L’abitare condiviso in dialogo con Johnny Dotti

Lunedì 22 marzo si è svolto l’incontro online “Abitare in vicinanza. Dialoghi sull’abitare che (ri)genera.

L’evento è stato organizzato all’interno del progetto “Abitare in vicinanza”, con il sostegno della Compagnia di San Paolo all’interno del bando “Abitare il cambiamento. Welfare abitativo al servizio delle comunità”.

L’AGS per il territorio insieme ai tre housing salesiani (San Salvario House, Condominio Solidale Zia Gessy e San Paolo) ha dato vita all’incontro immaginando di approfondire il tema dell’abitare condiviso. E’ stato coinvolto come relatore Johnny Dotti, professore universitario di pedagogia, imprenditore sociale, presidente di “è-one abitare generativo”, impegnato sia a livello familiare che lavorativo sull’abitare condiviso.

La platea virtuale, composta da oltre 60 partecipanti, è stata eterogenea e ha coinvolto educatori e operatori impegnati in prima linea nei progetti di accoglienza, volontari, salesiani, giovani dell’MGS, formatori e famiglie interessate.

Durante l’incontro Dotti ha raccontato l’esperienza comunitaria familiare che lo vede da 35 anni, insieme alla sua famiglie, inserito in un’esperienza di comunità con altre 3 famiglie, le quali vivono l’accoglienza verso coloro che hanno più bisogno. Si è riflettuto insieme dell’origine della parola abitare (habitus) immaginandola non come una pura funzione ma come l’essere stesso della persona. L’abitare implica e si identifica nella relazione non solo con le persone, ma con il tempo, lo spazio e tutto ciò che ci circonda quotidianamente. Il dialogo è continuato riflettendo sull’importanza di uscire dalle proprie mura dell’appartamento che rischiano di snaturare la famiglia ed aprirsi all’altro, all’ospite. L’ospite è Dio che viene a bussare, a volte può essere anche scomodo, ma ci permette di andare oltre e vivere appieno l’abitare la relazione. L’abitare condiviso non deve portare immediatamente il pensiero ad una privazione di privacy ma aiuta al contrario a definire meglio la propria identità imparando a specchiarsi nell’altro: “ciascuno deve essere il tu dell’altro”. Nella vita comunitaria esistono spazi privati e altri pensati come luoghi comuni, questo permette di aprirsi agli altri, pur garantendo il proprio spazio alla famiglia o al singolo.

La partecipazione è stata attiva e sono state molte le domande; in particolare i partecipanti hanno interrogato il relatore sulla complessità che può nascere nell’inserire l’accoglienza in servizi e ancora come poter coinvolgere i giovani che abitano i nostri housing a sentirsi sempre più parte di un’unica comunità, o ancora come l’accoglienza può essere aprire le porte di casa ma anche diventare in uscita.

Dotti ha sottolineato che l’ospitalità può essere vissuta pienamente se si esce dall’ottica del servizio, della funzionalità e si va verso la relazione. Per coloro che lavorano in questi progetti significa mettersi in gioco e farsi trasformare dalle relazioni che si vanno a creare. Per il coinvolgimento dei giovani invece non è necessario dar loro risposte, ma occorre invece custodire la domanda ed insieme a loro cercare le risposte per una comunità che sentano sempre più loro. Infine l’accoglienza può essere sicuramente in entrata ed in uscita, occorre saper leggere i segni del momento e la richiesta del territorio e occorre, ancora una volta, affidarsi a Dio riconoscendolo in coloro che incrociamo fuori o dentro le porte di casa nostra.

Ringraziamo Johnny Dotti per la passione con cui ha raccontato l’abitare e ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato.

 

L’intero intervento puoi trovarlo al seguente link:

 

 

Quaresima: Se tutti dessimo il nostro piccolo contributo.

Se tutti dessimo il nostro piccolo contributo.

Camminando per le vie di San Salvario ho incontrato un signore, a pochi metri di distanza di colpo si è fermato, ha raccolto due pezzi di carta e li ha gettati nel cestino. Che bel gesto! Probabilmente anche lui aveva fretta; forse  stava andando ad un appuntamento importante oppure aveva qualche impegno urgente. Ma è riuscito a notare un pezzo di carta, che “sporcava” quel luogo, una cartaccia che stava lì da ore.

Alcuni passando avranno provato rabbia verso chi l’aveva gettata; altri l’avranno presa a calci; altri avranno inveito contro l’Amiat che non fa bene il suo lavoro…

Lui, invece, ha “risolto il problema”. Sicuramente San Salvario non è cambiato con quel gesto. Ma quella cartaccia non c’è più. Un pezzo di strada è più pulito. Un pezzo del nostro quartiere è più curato.

Mi sono chiesto, ripensando a quel gesto: quanto ti prendo a cuore San Salvario? E’ una domanda intensa. Ci prendiamo cura di noi, del nostro lavoro, dei nostri problemi, della nostra famiglia, di qualche persona cara. Eppure dovrebbe starci a cuore la città, il territorio, il paese. E’ la “nostra” casa. Quel tale ha trattato San Salvario come casa propria. In casa, se la maniglia della porta si rompe l’aggiusti, e se la lampadina si brucia, la cambi. La città, il paese, il territorio sono “casa comune”. Quando “usciamo di casa” in realtà entriamo nella “casa di tutti” con il desiderio di renderla abitabile, ospitale e bella.

Quel giorno due persone  sono passate su quella strada: uno ha buttato a terra due pezzi di carta, l’altro li ha raccolti. Il primo pensava di essere nella casa di “nessuno”, il secondo si sentiva nella casa di “tutti”. Il cestino era a pochi passi, era là a ricordare che dobbiamo tenere bella la città. Il primo non ha sentito l’appello. Il secondo ha raccolto l’appello, insieme alla carta. Ecco cosa mi ha insegnato quell’uomo: i cestini sono l’appello a trattare la città come casa comune. Anzi, a trattare il creato come casa comune. Non li avevo mai visti così. Grazie anonimo amico di “casa mia”.

Si dice che tanti “pochi” fanno “tanto”. E’ giusta considerazione. E questo anche rispetto alla pandemia. Ci sentiamo piccoli. Anzi, dopo un anno di sacrifici, tornare in Zona rossa ci fa sentire piccolissimi. Pare che tutti i nostri sforzi siano stati inutili: mascherine, distanziamenti, poche uscite, chiusure. Ci siamo impegnati e non vediamo risultati definitivi. Eppure il nostro poco, fatto seriamente è tanto.

Non stanchiamoci di dare il nostro contributo. Siamo al mondo per prenderci cura del mondo. Ripartiamo dalla cura disinteressata. Anche solo raccogliendo la carta, mettendo la mascherina, rispettando le norme di prevenzione richiesteci e trattando con gentilezza. Alla sera non avremo nulla di più in tasca, ma avremo fatto un regalo prezioso alla casa comune. Potranno dire di te ogni giorno: sei un regalo! Grazie.

Don Claudio

 

Dal vangelo secondo Giovanni (12,20-33)

 In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: ”Signore, vogliamo vedere Gesù”.
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: “E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”.
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: ”Un angelo gli ha parlato”. Disse Gesù:” Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Via Crucis

Tutti i venerdì di quaresima (rispettando tutte le precauzioni
previste dalla normativa vigente anti-covid
)

  • PARROCCHIA SANTI PIETRO E PAOLO – ore 18.00
  • PARROCCHIA SACRO CUORE DI MARIA – ore 17.30
  • CHIESA SAN GIOVANNI EVANGELISTA – ore 17.15

Il Vescovo Cesare Nosiglia – a causa del protrarsi della pandemia e per evitare altri contagi e non mettere a ulteriore rischio la salute dei fedeli e dei ministri del Sacramento – ha rinnovato (come nel periodo di Avvento) la possibilità della celebrazione del Rito della Penitenza con assoluzione comunitaria e generale, sia per gli adulti che per i bambini e i ragazzi, senza previa confessione individuale. E’ forma straordinaria di vivere il Sacramento, con l’invito a vivere –non appena sarà possibile –il Sacramento stesso nelle modalità e forme tradizionali e ordinarie (confessione individuale).

 

CELEBRAZIONE COMUNITARIA

DEL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

­ PARROCCHIA SANTI PIETRO E PAOLO:

Mercoledì 24 marzo – ore 18.00, a cui seguirà Ss. Messa

­ PARROCCHIA SACRO CUORE DI MARIA:

Giovedì 25 marzo – ore 18.00, a cui seguirà Ss. Messa

DOMENICA DELLE PALME – 28 marzo

Orari e modalità nel rispetto delle norme previste per emergenza Covid

­ORARIO FESTIVO DELLE CELEBRAZIONI

­Non ci saranno processioni delle palme,

    né distribuzione dei rami d’ulivo agli ingressi.

­Verrà deposto, prima della celebrazione, un sacchettino

    di ulivo o un rametto sui posti disponibili in Chiesa.

­Ogni fedele potrà, al termine della celebrazione,

    portarselo personalmente a casa.

­Le offerte raccolte nelle Sante Messe parrocchiali (comprensive anche dell’eventuale offerta per l’ulivo, che liberamente ognuno potrà fare) saranno destinate ai poveri della parrocchia (“minestra dei poveri”)